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martedì 18 marzo 2008

Storia del flauto - il novecento

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Le componenti che caratterizzano il processo di rinnovata considerazione da parte dei compositori, per il Flauto traverso, che si attua tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, sono riconducibili alla crescente diffusione e affermazione del Flauto “Böhm”, con relative modifiche e miglioramenti, il quale offrì maggiore solidità tecnica e ricchezza sonora, e all’evoluzione, e conseguente trasformazione, dell’idioma tardoromantico in nuovi linguaggi Musicali.
In questi anni non solo si concluse il periodo del retaggio Classico – Romantico, ma si esaurì anche la concezione globale di tonalità come i secoli passati l’avevano intesa.

Con “Prelude a l’apres-midi d’un Faune” di Debussy nel 1894 si apre una nuova stagione nel corso della storia della Musica, ed è grazie a questo brano che il Flauto torna a collocarsi, dopo quasi un secolo di vita tormentata e di scarsa considerazione da parte dei compositori, in una posizione di primissimo piano, come si potrà verificare dalla continua evoluzione e dai successivi consensi che verranno ottenuti nei decenni successivi.
L’importanza simbolica del “Prelude” di Debussy per l’inizio del Novecento Flautistico consiste nel portare metaforicamente sulla scena il Flauto come nuovo protagonista capace di emergere in quanto strumento concertante e nonostante la tessitura spesso grave, anche su un’Orchestra di dimensioni tardoromantiche.
Associare poi il Flauto con una figura dionisiaca come Pan influenzerà fortemente molti compositori legati all’Impressionismo: cambia ed arricchisce il ruolo immaginario dello strumento, da sempre legato solo a temi apollinei, e gli riconosce una potenzialità solistica che il Romanticismo non gli riconosceva.
Anche Ravel è da citare per l’importanza data allo strumento in “Daphnis e Chloè”, balletto rappresentato nel 1912.
Il Tema pastorale con i protagonisti che mimano, in segno di ringraziamento, l’avventura di Syrinx e Pan (che ha sottratto Chloè ai pirati) prima di festeggiare il proprio fidanzamento, non può ovviamente trascurare il Flauto, ma solo arricchirne l’importanza: e così oltre alla ricchezza di numerosi passi e soli in cui il Flauto descrive, specie nella terza parte del balletto, con il suo timbro il mondo bucolico, va registrato anche il particolare organico che presenta, oltre ai due Flauti in Do ed all’ottavino, il Flauto contralto in Sol.
Proprio il mondo del balletto univa in quel periodo Ravel a Stravinsky giunto a Parigi nell’ambito dei Ballets Russes di Sergei Djagilev; e a “Daphnis et Chloè” segue nel 1913 “Le Sacre du Printemps”, la grande Partitura del maestro russo nella quale la famiglia dei Flauti si arricchisce ancor più nell’organico Orchestrale prevedendo un ottavino, tre Flauti in Do e nuovamente un Flauto in Sol.
Nel primo decennio del ‘900 si verificarono anche i primi esperimenti moderni nell’uso dei microtoni e in altre divisioni non tradizionali dell’ottava.
Una curiosità è costituita anche da esperimenti quali la realizzazione di una Sordina per il Flauto ad opera del costruttore italo svizzero Abelardo Albisi, accessorio però mai entrato nell’uso comune.
Albisi contribuì all’ulteriore sviluppo dello strumento con la sperimentazione e l’invenzione di diversi prototipi tra i quali il noto Albisiphon (1910) un flauto baritono-basso progettato in diverse taglie.
Il periodo tra il 1900 e il 1920 fu animato da diversi movimenti, tra loro separati e decisamente indipendenti, senza che vi fosse alcun riferimento centrale, riconosciuto a livello generale.
Tutti questi movimenti furono però attraversati dalla ferma tendenza verso la dissoluzione della tonalità classica, una tendenza che era già stata percepita in Schubert e in Chopin, continuata da Liszt e da Wagner, accentuata dagli esperimenti armonici di Musorgsky, Mahler, Strass, Faurè, Debussy e Ravel, e che a un certo punto culminò nei lavori, precedenti al conflitto mondiale, di Skrjabin, Ives, Schönberg e Stravinsky.
Il cromatismo, accordi complessi e inconsueti, il canto popolare nazionale, l’esotismo, la modalità, l’uso dalla scala pentatonica, della scala per toni interi e di altre scale non classiche, le correnti di accordi e la politonalità: tutti questi elementi entrarono a far parte delle nuove ricerche.
I compositori della prima metà del XX secolo furono occupati in larga misura dall’elaborazione dei nuovi concetti di tonalità, o nel tentativo di trovare un’adeguata alternativa alla stessa, e nella conciliazione degli altri elementi Musicali come la strumentazione, il contrappunto, il ritmo e la forma con i nuovi idiomi armonici.
Questa ricerca sistematica troverà la piena applicazione nell’ambito dei corsi estivi di Darmstadt, i quali a partire del 1946, apriranno ufficialmente e definitivamente la strada alla “Nuova Musica”.
Il Flauto a Darmstadt ha un ruolo da protagonista e praticamente tutti i grandi compositori del periodo scrivono pezzi per Flauto, grazie anche alla grande figura ispiratrice di Severino Gazzelloni.

Storia del flauto - il periodo romantico

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Nel 1831 il flautista compositore e costruttore monacense Theobald Böhm, padre del Flauto attualmente in uso, inizio ad elaborare un sistema di chiavi che trovò applicazione stabile nel Flauto e nel Clarinetto e che venne, pur senza successo duraturo, anche nell’Oboe e nel Fagotto.
L’Opera di Böhm costituisce in questo senso un’accelerazione nel processo di sperimentazione ed innovazione degli Strumenti a fiato, che porterà anche a concepirne alcuni totalmente nuovi, come il caso eclatante del Sassofono di Adolphe Sax.
Rispetto agli altri Legni il Flauto subirà nel 1847, di nuovo per opera di Böhm, un mutamento ancor più sostanziale, passando da una struttura del tubo prevalentemente conica ad una prevalentemente cilindrica, in tutto simile a quella oggi universalmente in uso.
All’inizio del Romanticismo nasce una nuova consapevolezza del trattamento degli Strumenti, che si concretizza nelle discipline dell’Orchestrazione e della Strumentazione.
A questo fine vengono studiate le soluzioni Orchestrali dei Maestri del passato.
I trattati francesi, per esempio, citano a più riprese passi dal loro repertorio classico settecentesco.
Questa sensibilità porta a considerare l’espressività dei Legni non più isolatamente, come avveniva nel Barocco con l’assegnare a ciascuno specifici “affetti”, né soltanto come organico insieme coloristico dell’Orchestra sinfonica, né infine come blocco sonoro contrapposto agli Archi, secondo la lezione di Beethoven, ma ne esplora molte altre varianti, sia come sovrapposizioni timbriche all’unisono (Flauto ed Oboe), all’8° (Flauto, Oboe e Clarinetto) e doppia 8° (Flauto e Fagotto), sia come rispettivo intreccio melodico contrappuntale (come per esempio la condotta dei Legni nelle Sinfonie di Brahms).
Vi è pertanto una grande varietà di soluzioni ed il Flauto, nella fattispecie, non è più costantemente ai vertici della Partitura, venendo utilizzato in tutta la tessitura ed in molte nuove soluzioni che ne esplorano e allargano l’estremo confine della sua gamma e del suo potenziale espressivo.

Il Flauto fu il primo tra i Legni a sviluppare una foratura laterale cromatica con relativa meccanica di controllo in grado di rendere omogenei tutti i suoni.
Ora, però, non si trattava più solo di creare omogeneità sonora, ma di sviluppare un’equivalente agilità tecnica in tutte le tonalità.
In Orchestra un altro importante momento per gli Strumenti a fiato è la verifica del loro equilibrio sonoro e la loro duttilità timbrica che vengono giudicate in relazione all’impasto generale e con gli altri Legni.
L’Orchestra romantica viene potenziata sia nella composizione dell’organico sia nel volume sonoro dei singoli Strumenti; ciò anche per adeguarsi alle nuove, ampie sale da Concerto, aperte ad un pubblico ben più numeroso del passato.
Il Flauto aveva iniziato a tradire una certa debolezza sonora in Orchestra già nel secondo Settecento, l’apertura dei fori semitonali e l’ampliamento del foro d’imboccatura avevano la finalità di rendere omogenea la gamma dei suoni e di aumentarne il volume.
Il Flauto cilindrico di Böhm (1847) sarà lo strumento più potente a disposizione degli esecutori, ma la sua struttura cambia sensibilmente il timbro dello strumento e alcune scuole e Orchestre sono da principio alquanto restie ad accettarlo.
In Germania, per esempio, esso sarà generalmente accolto soltanto quando la stagione della Musica propriamente romantica si sarà conclusa e altri stili e atmosfere ne avranno dimostrato le alte potenzialità tecniche nella tessitura estrema o ne avranno valorizzato proprio quel colore precedentemente rifiutato.
Se nel repertorio solistico maggiore dell’epoca romantica il Flauto non ha una rilevanza da protagonista, come avviene invece nel caso del pianoforte e degli Archi, diversa considerazione mostrarono i grandi compositori per il ruolo del Flauto in Orchestra, come dimostrano i tanto episodi e i “soli” che punteggiano il repertorio lirico e sinfonico.
Il Flauto è abitualmente al vertice del pieno Orchestrale (ora a fianco della coppia di Flauti c’è quasi stabilmente l’Ottavino), spesso all’unisono con i primi Violini, ma molte altre sono le soluzioni del suo impiego: è normalmente usato nella tessitura medio acuta, la più incisiva,
arrivando normalmente al Do della 4° ottava (Brahms: Sinfonie e Variazioni su un Tema di Haydn) e tra XIX e XX sec. raggiunge eccezionalmente il Do# ed il Re della 4° ottava (es: Poemi sinfonici di Richard Strauss).
Il registro grave viene esplorato con maggiore assiduità nel secondo ‘800 quale segno di una più attenta analisi coloristica orchestrale del tardo Romanticismo (Brahms solo della Sinfonia n°4 op.98, episodi in Sinfonie di Mahler ed in Richard Strauss).
In contrappunti di sonorità miste il Flauto emerge isolatamente a proporre, a ricordare il Tema o a suggerire in secondo piano i controsogetti (Brahms, 1° mov. della Sinfonia n°1 op.68).
Al Flauto si affidano pedali nell’acuto, cadenze delicate (Schumann: Sinfonia n°1 op.38, Rimskij-Korsakov: Sherazade), Preludi solistici con l’Arpa (Bizet: Carmen - Preludio al 3° atto) o sopra un sommesso sottofondo degli Archi con sordina (Verdi: Preludio al 3° atto dell’Aida); il Flauto irrompe nel pieno Orchestrale con corse brillanti e a perdifiato (Mendelssohn: Scherzo del Sogno di una Notte di mezz’estate op.61).
Secondo uno stilema “rossiniano” del primo ‘800, il Flauto accompagna il canto con arpeggi mentre più tardi si useranno i tremoli (Verdi e Meyerbeer).
Il “Tremolo” rappresenta una novità assoluta ed in taluni momenti diviene una vera e propria moda compositiva.
Rossini fa spesso emergere i Fiati isolati prima di sovrapporli nei finali delle sue Sinfonie operistiche e talvolta scrive pe i Legni parti da primadonna: per il Flauto sono noti, per esempio, i soli del “Viaggio a Reims” e del “Guglielmo Tell”.
Donizetti e Bellini, invece, sono soliti scrivere soli in preludi al canto facendo dialogare lo strumento con la voce senza mai eccedere in coloriture strumentali.
Esempi Flautistici sono la celebre scena della pazzia della “Lucia di Lammermoor” e l’aria “Casta Diva” di “Norma”.
Sono riconducibili al periodo anche le tecniche del “Frullato” e dei doppi suoni, ma nessuna delle due venne utilizzata con sollecitudine nella Musica sinfonica e lirica.

Storia del flauto - il periodo classico

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Un’impronta di notevole importanza viene data al Flauto classico dai cambiamenti nella composizione e nella scrittura Orchestrale.
Nell’Orchestra classica, i Fiati non introducono o rappresentano più specifici “affetti” ma vengono integrati nel colore sinfonico dell’insieme.
Fatta eccezione per i Flauti dolci, definitivamente esclusi ed in rapida scomparsa nella Musica colta, e delle Trombe, aggiunte con i Timpani a sostegno solenne del Tutti Orchestrale, coppie di Flauti traversi, Oboi, Corni, Fagotti e poi anche di Clarinetti formano ora una costante dell’Orchestra: una sezione di colori che crea timbri stratificati e chiaroscurali, che conduce linee melodiche in contrappunto con gli Archi o tra loro stessi, che sostiene le armonie, che rinforza i Bassi o che si alterna agli Archi in blocchi sonori contrapposti, secondo quella che sarà la lezione beethoveniana.
I Flauti trovano posto autonomo in Orchestra nel tardo Settecento (nei primi del secolo lo avevano solo nelle Orchestre di Parigi, Dresda e Berlino).
Nell’Orchestra classica, il Flauto è posto costantemente al vertice della Partitura, spesso in funzione di raddoppio dei Violini I, talvolta all’8° superiore di questi o di altri Strumenti.
Che l’Orchestra classica fosse un organico compatto lo dimostra il trattamento della dinamica, che non è più ottenuta secondo il principio barocco dell’aggiunta o della sottrazione di Strumenti, ma come somma della dinamica di ciascun strumento.
Proprio per esaltare questo effetto, agli Strumenti viene richiesta maggiore duttilità e sonorità.
Anche nel Concerto solistico e nel nuovo genere della Sinfonia concertante l’Orchestra d’accompagnamento rimane completa e compatta con tutti i suoi Fiati; ciò si osserva anche nel Concerto per Flauto che, pur rimanendo il più debole di tutti i Fiati, è incalzato da un organico d’accompagnamento più numeroso e dinamico che in passato, con Oboi e Corni.
Nel nuovo rapporto con la compagine Orchestrale e con la sonorità degli altri Fiati, il Flauto sviluppa sostanziali cambiamenti nel volume sonoro e nel timbro, originati dall’esigenza di farsi sentire, soprattutto nel registro grave.
Per capire meglio l’impiego Orchestrale del Flauto è utile prendere ad esempio alcune opere dei maggiori compositori del periodo.
Nelle prime Sinfonie di Haydn il Flauto è raramente presente mentre comincia ad apparire regolarmente dopo il 1780.
L'estensione è inoltre dapprima limitata al registro medio mentre nelle ultime Sinfonie come “Militare” (n°100 in Sol mag. “Militare”), la gamma si estende fino al Sol della 3° ottava.
Anche in Mozart il Flauto diviene importante nel gioco della polifonia nelle ultime Sinfonie.
Va infine osservata l’importanza assegnata da Beethoven al Flauto nell’organico orchestrale dove è presente in tutte le 9 Sinfonie - un Flauto singolo nella n°4 op.60, due Flauti in tutte le altre a cui va aggiunto l’Ottavino presente nella n°5 op.67, n°6 op.68 e n°9 op.125 – ed utilizzato con un’estensione sempre maggiore ed è chiamato all’esecuzione di importanti Passi e “Soli” tra i quali vanno ricordati: Leonora III op.72a, Sinfonia n°3 in Mib mag. op.55 “Eroica” (in particolare il “Solo” del 4° mov.), Sinfonia n°6 in Fa mag. op.68 (2° mov.), Sinfonia n°7 in La mag. op.92 (1° mov.: attacco del Vivace), e Sinfonia n°9 in re min. op.125 (2° mov.).

Storia del flauto - il periodo barocco

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Dopo il suo esordio nell’organico Orchestrale operistico il Flauto venne utilizzato nel corso del periodo Barocco sempre più spesso anche nella Musica prettamente strumentale.
Il generale cambiamento della scrittura, delle forme e dei generi Musicali che avvenne nel Seicento influenzò in maniera crescente la produzione, la fattura e l’impiego dei Fiati.
Gli Strumenti dovevano corrispondere al nuovo stile in flessibilità dinamica ed espressività, secondo un gusto del tutto nuovo, ricco di sfumature o di repentini contrasti.
Il ruolo preminente svolto dall’Orchestra d’Archi costituitasi nel XVII sec. generò una selezione nel campo dei Fiati.
Una qualità consapevolmente ricercata nel suono dei Legni barocchi fu infatti la buona disposizione a fondersi con il timbro degli Archi.
Se la fattura rinascimentale propendeva per timbri ben distinti, chiari e penetranti, adatti a differenziare le linee melodiche della polifonia, la fattura barocca privilegiava timbri relativamente scuri e morbidi con buona disposizione all’impasto coloristico.
Nelle Orchestre d’Opera e di Musica Sacra, la funzione del Flauto ( e degli altri Fiati ) fu quella di introdurre o di sottolineare e ampliare determinati “affetti” rappresentati sulla scena o suscitati dal testo sacro.
Si trattò in genere di episodi lasciati interamente ai Fiati, come nelle danze “en Trio” presenti nelle opere di Lully, sia di arie con uno o più Strumenti “obbligati” insieme alle voci.
Per quanto riguarda invece la Musica prettamente Orchestrale verso la fine del ‘600 si cominciò a distinguere lo stile della Musica da Camera da quello della Musica per Orchestra, cioè tra un insieme Musicale dove ogni parte era suonata da un solo strumento, e un insieme dove ogni parte era suonata da più Strumenti.
In gran parte dei lavori per gruppi strumentali del XVII sec. non erano chiare le preferenze del compositore a questo proposito.
L’espressione degli “affetti” fu una delle principali finalità dell’estetica barocca.
Essa era presente anche nella Musica strumentale.
Gli “affetti” venivano suscitati e placati da precisi elementi compositivi (scelta della tonalità, generale andamento ritmico e melodico, quantità e tipo di dissonanze, cromatismi, eccetera ), così come dalla scelta del timbro degli Strumenti.
Perciò i Fiati barocchi, oltre che per la qualità di impasto con gli Archi, trovarono una collocazione Orchestrale anche come interpreti di riferimento di ben determinate categorie di “affetti”.
In Orchestra il Violino fu lo strumento più versatile e flessibile in questa funzione espressiva, mentre i Fiati furono usati in modo più specifico e piuttosto rigido, sviluppando maggiore libertà solo nel loro repertorio solistico.
Nell’ultimo ventennio del XVII sec. apparve un nuovo tipo di composizione, il Concerto, che diventò il genere più importante di Musica Orchestrale Barocco dopo il 1700.
Il Concerto era una sintesi, esclusivamente strumentale, di quattro pratiche barocche fondamentali; il principio del “Concertato”, la struttura composta di un Basso solido e di una parte acuta fiorita, un’organizzazione Musicale basata sul sistema maggiore-minore e la costruzione di un lungo brano elaborato in movimenti autonomi separati.
Intorno al 1700, si scrivevano Concerti di tre generi diversi.
Il Concerto Orchestrale (detto anche Concerto-Sinfonia) era un semplice brano in diversi movimenti in uno stile che metteva in risalto la parte del primo Violino e del Basso e di solito evitava la più complessa struttura contrappuntistica tipica della Sonata e della Sinfonia.
Ma in questo periodo erano più frequenti e importanti le altre due forme di Concerto, il Concerto grosso e il Concerto solista, entrambi i quali presentavano di norma sonorità contrastanti: un piccolo gruppo di Strumenti solisti nel Concerto Grosso, un singolo strumento nel Concerto solista, si contrapponevano alla restante massa orchestrale.
Uno dei più grandi compositori del genere è Antonio Vivaldi che ne scrisse più di 600.
Per quanto riguarda più specificatamente il Flauto oltre ai concerti solistici possiamo citare il Concerto in Fa maggiore “La Tempesta di Mare” per Flauto, Oboe, Fagotto, Archi e Basso continuo RV570 ed il Concerto in Fa maggiore “Il Proteo o sia il Mondo al rovescio” per Violino, Violoncello, due Flauti, due Oboi, Archi e Basso continuo RV572.
Proseguendo nel percorso Flautistico barocco non possiamo non prendere in esame l’Opera di Johann Sebastian Bach.
Sebbene l’Opera per Flauto finisca per risultare secondaria nell’ambito della complessa produzione bachiana, non possiamo non riconoscere e non rintracciare anche in essa quel percorso fatto di felice ispirazione e magica inventiva ed allo stesso tempo di abile razionalità costruttiva, sintesi barocca di una ricerca non solo Musicale ma anche esistenziale che porta Bach dalla speculazione empirica e scientifica della nova armonia “ben temperata” fino alla tensione dell’individuo verso la comunione con Dio: SDG (Soli Deo Gloria) è infatti il motto con il quale egli amava concludere le proprie fatiche.
Ad avvalorare la tesi circa l’interesse di Bach per il Flauto traverso vi è anche la composizione dei Concerti Brandeburghesi ed in particolare del n°5 in Re mag. BWV1050 strumentato per Flauto traverso, Violino principale, Cembalo concertato, Violino in ripieno, Viola in ripieno, Violoncello e Violone.
Il primo movimento del Concerto n°5 registra, forse per la prima volta, la presenza di un Flauto traverso “concertante” nell’ambito di una seppur ridotta compagine e forma Orchestrale.
E Bach concede al Flauto uno spazio ancora più privilegiato nell’Ouverture in Si min. BWV1067 nella quale, accompagnato dagli Archi e dal Cembalo, si propone come strumento guida dell’intero brano.
Che Bach provasse un autentico interesse per le qualità espressive del Flauto è dimostrato, più ancora che dalla Musica strumentale, dalla importante presenza dei Flauti nella sua Musica sacra.
Nelle Passioni, nelle Messe e nelle numerose Cantate con Arie con Flauto “obbligato”, lo strumento ha la funzione di amplificare gli “affetti” indotti dai testi sacri.
Bach scelse il Flauto per la giocosa fioritura che accompagna “Was Gott tut, das ist wohlgetan” (BWV100) e la baldanzosa gioia nella lode a Dio in “Herr Gott, dich loben alle wir” (BWV130) e “Schmucke dich, o liebe Seele” (BWV180); ma anche per l’eterea atmosfera di “Esurientes implevit bonis” (Magnificat in Re mag. BWV243), con due Flauti nella tessitura medio-acuta di Mi mag., o per la struggente dolcezza di “Aus Liebe will mein Heiland streben” (Passione secondo S.Matteo BWV244), insieme a due Oboi da caccia, di “Qui tollis peccata mundi” (Messa in La mag. BWV234), in cui due Flauti ritmano la tensione con le reciproche dissonanze, fino al tragico “scorrere delle lacrime” di Maria in “Zerfliβe, mein Herze” (Passione secondo S.Giovanni), dove la opaca tonalità di Fa min., assieme al suono “chiuso” dell’Oboe da caccia, contribuiscono all’atmosfera d’intimo dolore.
La vivacità culturale e Musicale dell’ambiente berlinese e in particolare del centro di Mannheim costituiscono il ponte di passaggio dal tardo Barocco allo stile Classico.
Questo periodo intermedio, che va più o meno dal 1730/40 al 1770/80, offre un quadro particolarmente ricco di figure ed elementi interessanti secondo tre percorsi principali: l’agile e brillante “Stile Galante” (rappresentato da Johann Cristian Bach); il più intenso “Stile Sensibile” (il cui principale esponente sarà Carl Philipp Emmanuel Bach); il tardo Barocco dai tratti maggiormente legati alla tradizione ed alla conservazione (come in diversi compositori dell’ambiente berlinese).
Mannheim diviene un centro Musicale prestigioso, mantenendo un ruolo dominante fino a fine secolo.
Vi giungono musicisti da tutta Europa e la città diviene in questo modo fucina di nuove esperienze stilistiche.
Sotto la guida di Johann Stamitz l’Orchestra di Mannheim diventò famosa in tutta Europa per i suoi virtuosismi, per la sua strutturazione organica ben definita (con un numero identico di Violini I e Violini II) per la sua fino ad allora sconosciuta estensione dinamica che spaziava dai più delicati “pianissimo” ai più sonori “fortissimo” e per il suono penetrante dei suoi crescendo.
A Mannheim il Flauto, insieme agli altri Fiati, acquisterà una sua particolare dignità, anche nell’ambito dell’Orchestra, nella quale gli Strumenti a fiato sostengono, colmano e animano la sezione degli Archi, mentre la presenza a corte di numerosi virtuosi contribuirà alla fiorente stesura di un patrimonio solistico dai nuovi tratti.

Storia del flauto - le origini

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Il Flauto è uno degli Strumenti Musicali più antichi usati dall’uomo.
Sia i Sumeri che gli Egizi suonavano Flauti diritti.
Gli Strumenti egiziani più antichi risalgono al III millennio a.c. e raffigurazioni di Flauti obliqui (una specie di Flauti diritti suonati appunto diagonalmente) compaiono nei bassorilievi di alcune tombe della V dinastia (2600 a.c.).
Inoltre in quasi tutto il mondo antico esistevano Flauti globulari (costituiti da un recipiente chiuso di forma ovoidale, in origine gusci di cocco o di zucca, presenti in Egitto, Cina, America e in Ungheria dall’età del bronzo), Whistle Flutes (Flauti ad imboccatura indiretta, insufflati attraverso uno stretto canale ottenuto tappando parzialmente la sommità della canna con una zeppa) e Flauti di Pan (composti da una serie di tubi di differente lunghezza per ottenere suoni di altezze diverse, diffusi in Estremo Oriente, Sud America, Grecia e Italia a partire dal VI secolo a.c.).
Probabilmente Flauti derivati dalle ossa degli animali erano stati usati ancor prima, fin dal Paleolitico.
Per quanto riguarda invece espressamente il Flauto traverso, le sue origini vanno ricercate probabilmente nell’Asia Centrale, mentre la prima testimonianza scritta della sua esistenza si trova in un libro di poesia Cinese, il SHE KING, risalente al IX secolo a.c. nel quale viene citato il CH’IH, poi descritto nelle fonti medievali come un Flauto con un foro d’imboccatura e quindi traverso.
Il Flauto traverso compare inoltre sui rilievi del tempio di Sanchi in India (I secolo a.c.) e investito di una funzione religiosa è forse il più importante strumento a fiato Indiano.
Infine esistono, sebbene molto raramente, rappresentazioni di Flauti traversi nelle suppellettili del mondo Greco-Romano.
Tra queste testimonianze vanno ricordate:
- una statuetta con un suonatore di Flauto traverso del periodo Greco-Romano in Egitto;
- alcuni resti di uno strumento romano ricavato da ossa di animali ora a Lipsia;
- due resti in scavi Etruschi risalenti al III e al II secolo a.c. quest’ultimo, noto come “urna del Flautista” (Perugia, Sepolcro dei Volumni) in quanto lo scultore ha rappresentato in rilievo la testa di un musicista che suona un Flauto traverso, costituisce la più antica rappresentazione del Flauto traverso.
Queste informazioni frammentarie non ci permettono comunque una completa conoscenza della modalità di diffusione dello strumento nel mondo antico, in particolare in Europa. Inoltre il Flauto traverso scompare dalle opere d’arte dell’occidente dopo la caduta dell’Impero Romano e comincerà a riapparire in Europa solo nel X e XI secolo.
Visto tale enorme intervallo di tempo, l’ipotesi più probabile è che lo strumento sia stato reintrodotto in Europa attraverso la Germania da Bisanzio, e non dall’Etruria o da Roma.
Infatti il Flauto traverso appare in molti oggetti artistici Bizantini del X e XI secolo quali manoscritti, affreschi e cofanetti d’avorio, mentre le prime rappresentazioni Europee provengono dai paesi Tedeschi.
Le prime fonti sicure sull’uso effettivo del Flauto traverso nella Musica occidentale sono offerte dalle miniature del manoscritto “Manesse”, pregevole raccolta di canti Minnesanger risalente agli inizi del XIV secolo.
Durante il XIV secolo lo strumento cominciò a fare la sua comparsa anche nei paesi dell’area non tedesca, come si può dedurre da uno dei manoscritti più riccamente illustrati delle “Cantigas de Santa Maria”, l’antologia di canti monodici eseguiti alla corte di Re Alfonso X, risalente alla fine del XIII o inizi del XIV secolo e da alcuni manoscritti di area Francese, dello stesso periodo, quali “Il Breviario Belleville” e il “Libro delle Ore”.
A partire dalla fine del XV e lungo tutto il XVI secolo, i Flauti traversi compaiono frequentemente in diversi dipinti nell’Europa Occidentale e sono elencati e descritti da parecchie fonti scritte, sia letterarie che Musicali.
Evidentemente si erano affermati quali facenti parte dello strumentario per le esecuzioni di corte di ogni genere. Ben poco si sa sulla costruzione del Flauto traverso medievale, o ad esempio sulle misure o sull’intonazione.
Ma da quanto si può dedurre dalle fonti iconografiche il Flauto precedente al 1500 era all’incirca simile a quello del XVI secolo cioè consisteva in un semplice tubo cilindrico in un solo pezzo, con un foro per l’immissione e sei fori per le dita, in alcuni casi raggruppati a tre a tre.
I Flauti traversi sono inoltre descritti e disegnati in numerosi trattati dell’epoca, come nel “Musica Getutscht und ausgezogen” di Sebastian Virdung o nel trattato “Musica Istrumentalis Deudsch” di Martin Agricola, dove viene introdotto per la prima volta il concetto di vibrato quale indicazione di prassi esecutiva atto a valorizzare meglio le caratteristiche dello strumento.
La crescente popolarità del Flauto traverso contribuì anche al suo sviluppo tecnico-costruttivo portando alla creazione di numerosi modelli di Flauto creati appositamente per soddisfare le varie esigenze Musicali.
Se durante il Rinascimento il Flauto era ormai usato comunemente nella Musica di corte all’interno di piccoli ensemble fu nel periodo Barocco che divenne parte integrante dell’Orchestra.