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venerdì 18 gennaio 2013

Nagisa Ōshima

 Il 15 gennaio è morto è morto a Fujisawa Nagisa Ōshima, uno dei più grandi registi del XX secolo.


 Era nato a Kyoto il 31 marzo 1932. Dopo l'università si dedica al cinema e nel 1959 dirige Il quartiere dell'amore e della speranza, L'anno successivo realizza ben tre film con i quali si impone all'attenzione del pubblico: Racconto crudele della giovinezza, Il cimitero del sole e Notte e nebbia nel Giappone. Fin dagli esordi i suoi film rompono con la tradizione cinematografica giapponese. Nel 1965 fonda la società di produzione Sozosha insieme alla moglie, l'attrice Akiko Koyama. Il suo spirito anticonformista e ribelle gli crea molti problemi con l'industria cinematografica giapponese. Nonostante questo riesce a realizzare film straordinari come L'addomesticamento (1961), Il demone in pieno giorno (1966), L'impiccagione (1968) e La Cerimonia (1971). Nel 1971 la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro dedicò a Ōshima una ricca personale che fu la prima grande occasione per il pubblico europeo di poter vedere i suoi film, dopo il Festival di Cannes del 1968 che però fu interrotto a causa delle manifestazioni studentesche del Maggio francesce.
 Il successo internazionale venne nel 1975 con Ecco l'impero dei sensi, film basato sulla vera storia della domestica Abe Sada. Il film fu una coproduzione francese e fece scandalo per le sue scene hard che lo costrinsero a essere proiettato nei circuiti porno o pesantemente tagliato dalla censura.
 Nel 1983 esce il suo secondo grande successo internazionale. Si tratta di Furyo, coprodotto con la Gran Bretagna e interpretato dai musicisti David Bowie e Ryuichi Sakamoto, quest'ultimo anche autore della colonna sonora diventata famosissima.

lunedì 8 ottobre 2012

Dillinger è morto

Recentemente ho rivisto uno dei miei film "adolescenziali" preferiti: Dillinger è morto. Si tratta di un film di Marco Ferreri del 1969, decisamente all'avanguardia per quei tempi, che risulta efficace a distanza di tanti anni. Un'opera destinata a rimanere nel tempo tra i capolavori del passato.
Il tema dell'alienazione viene trattato descrivendo una particolare nottata di Glauco, un designer industriale, dopo una giornata di lavoro durante la quale è stata testata una maschera antigas di sua progettazione. La MDP segue l'affermato professionista, interpretato magistralmente da Michel Piccoli, negli angusti ambienti della sua casa in un'anonima città moderna (si tratta di Roma, ma potrebbe essere qualsiasi altro posto). I dialoghi sono praticamente inesistenti, anche perché per quasi tutto il film Glauco è solo. Altri registi sarebbero ricorsi al solito espediente di far parlare il protagonista da solo per rendere la pellicola più "intelligibile", banalizzando tutta l'opera. Ferreri crea un vuoto sonoro che viene riempito solo da canzoni e brani musicali del tempo che, purtroppo, risultano essere decisamente eccessivi e sono probabilmente dovuti ad una scelta di produzione (un film fatto quasi esclusivamente di silenzi e "rumori" non avrebbe trovato mercato). Merita però di essere citata la canzone La luce accesa, scritta da Teo Usuelli e interpretata da un giovanissimo Lucio Dalla. Lo stesso brano è utilizzato nei titoli di testa in una versione corale. 
Per realizzare la sceneggiatura di Ferreri e Bazzini ci voleva un attore in grado di sostenere l'occhio costante della MDP e Piccoli ha avuto grande libertà dal regista per la sua interpretazione. Il risultato è una "non" recitazione che a poco a poco cattura lo spettatore rendendolo parte del film. Per questo motivo Michel Piccoli può essere considerato un coautore del film e non un semplice "esecutore".

Regia: Marco Ferreri
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Sergio Bazzini
Fotografia: Mario Vulpiani
Scenografia:Nicola Tambutto
Musica: Teo Usuelli
Montaggio: Mirella Mencio
(Italia, 1969)
Durata: 95'
Prodotto da: Pegaso Film

PERSONAGGI E INTERPRETI
Glauco: Michel Piccoli
La moglie: Anita Pallenberg
La cameriera: Annie Girardot

sabato 24 marzo 2012

Tonino Guerra

La vita della mia famiglia si è incontrata più volte con Tonino Guerra. Mio padre ci parlava spesso di lui e dei suoi racconti popolati da bizzarri personaggi della terra di Romagna. Si erano conosciuti in occasione della sceneggiatura del film Saul e David del 1963, del quale mio padre era regista. In seguito mia sorella Laura sceglierà di fare la sua tesi di laurea proprio su Tonino Guerra. Io andai a trovarlo nella valle del Marecchia per fargli leggere una mia sceneggiatura e per seguire un suo corso. Qualche anno dopo anche mio fratello Dario andrà da lui per fargli leggere un suo lavoro e, per ultimo, mio figlio Lorenzo lo incontrerà durante una gita scolastica.

Sono nato a Santarcangelo di Romagna nel 1920. Un'infanzia con le strade di terra battuta e le siepi con piccoli uccelli. Sono stato un grande cacciatore di lucertole e me ne vergogno... Tonino Guerra è stato un poeta, ma è conosciuto e ricordato sopratutto per la sua attività di sceneggiatore. Ha collaborato con vari registi, tra i quali Michelangelo Antonioni, Federico Fellini e Theo Anghelopulos. Con il primo ha formato un sodalizio iniziato con L'avventura (1960) e durato sino alla morte del grande regista ferrarese. Al primo lavoro i due faranno seguire La notte (19619, L'eclisse (1962) e Deserto rosso (1964) che formano quella che viene definita "la tetralogia esistenziale". Guerra mi aiuta da anni, precisamente da L'avventura. Lui è romagnolo, io sono emiliano. C'è un abisso tra di noi. Forse è per questo che andiamo d'accordo... Nel 1968 esce Blow-Up, indimenticabile affresco della Swinging London degli anni sessanta, mntre due anni dopo sarà la nuova società americana a essere descritta in Zabriskie Point.

La collaborazione con Fellini inizia con Amarcod (1973) dove la Romagna è presente sin dal titolo derivante dall'espressione locale "a m'arcord" che significa "io mi ricordo" (anche se Guerra racconta che il titolo nasce dall'amaro Cora, "comanda" dei ricchi entrando al bar). In questo film ho ritrovato molti di quei personaggi dei racconti di Guerra che mio padre mi ripeteva quando ero bambino.

La nascita del poeta Guerra avviene durante la seconda guerra mondiale quando venne deportato in Germania e internato in un campo di concentramento a Troisdorf. Mi ritrovai con alcuni romagnoli che ogni sera mi chiedevano di recitare qualcosa nel nostro dialetto. Allora scrissi per loro tutta una serie di poesie in romagnolo... Dopo la Liberazione, fece leggere i suoi componimenti a Carlo Bo che lo incoraggiò a pubblicarli. Nel 1946 esce la raccolta I scarabocc (Gli scarabocchi) e nel 1972 viene pubblicata I bu (I buoi).

Dopo aver vissuto a Roma, negli anni ottanta Guerra torna in Romagna scegliendo di vivere a Pennabilli. In questo territorio ha dato vita a numerose installazioni artistiche come: L'Orto dei frutti dimenticati, Il Rifugio delle Madonne abbandonate, La Strada delle meridiane, Il Santuario dei pensieri, L'Angelo coi baffi, Il Giardino pietrificato.




La farfalla

Contento, proprio contento

sono stato molte volte nella vita

ma più di tutte quando

mi hanno liberato in Germania

che mi sono messo a guardare una farfalla

senza la voglia di mangiarla

sabato 5 novembre 2011

Che cosa sono le nuvole?

Che cosa sono le nuvole? è un cortometraggio di Pier Paolo Pasolini del 1967. Fu inserito come terzo episodio nel film Capriccio all'italiana. Nel cast troviamo: Totò (una delle sue ultime apparizioni cinematografiche), Ninetto Davoli, Laura Betti, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Adriana Asti e Domenico Modugno che recita cantando una canzone con lo stesso titolo del film e con parole di Pier Paolo Pasolini.

La trama è una rappresentazione dell'Otello di Shakespeare fatta da un gruppo di burattini in un piccolo teatro di periferia. Il film fu girato in una settimana e ripresenta la coppia Totò-Davoli dopo Uccellacci Uccellini. (1966) e La terra vista dalla luna (1967).


Cosa sono le nuvole
D. Modugno - P.P. Pasolini


Che io possa esser dannato / se non ti amo. / E se così non fosse / non capirei più niente. / Tutto il mio folle amore / lo soffia il cielo / lo soffia il cielo... così


Ah, ma l'erba soavemente delicata / di un profumo che dà gli spasimi / Ah, ah! Tu non fossi mai nata! / Tutto il mio folle amore / lo soffia il cielo / lo soffia il cielo... così


Il derubato che sorride / ruba qualcosa al ladro / ma il derubato che piange / ruba qualcosa a se stesso. / Perciò io vi dico / finché sorriderò / tu non sarai perduta.


Ma queste son parole / e non ho mai sentito / che un cuore, un cuore affranto / si cura con l'udito. / E tutto il mio folle amore / lo soffia il cielo / lo soffia il cielo... così.


http://cinemante.blogspot.com/2007/10/che-cosa-sono-le-nuvole-pier-paolo.html

domenica 8 maggio 2011

Agora

Ho visto in televisione il film Agora di Alejandro Amenabar (Spagna, 2009). Peccato non averlo visto al cinema perché questo film merita di essere guardato sul grande schermo. Si racconta la storia di Ipazia, filosofa e scienziata del IV secolo d.C. vittima del fondamentalismo religioso dei cristiani di Alessandria d'Egitto. Il grande merito del film è proprio quello di aver rinnovato la memoria di questa grande donna e del suo martririo. Il mandante del suo assassinio fu l'allora vescovo Cirillo di Alessandria che era diventato molto potente gestendo il suo episcopato «... oltre i limiti delle sue funzioni sacerdotali» (Socrate Scolastico). Perseguitò con accanimento e ferocia i novaziani, gli ebrei e i pagani, passando alla storia come colui che distrusse la potente colonia ebraica di Alessandria. Venerato dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa copta, fu fatto santo dalla Chiesa cattolica il 28 luglio 1882 che, invece di condannarne gli eccesssi, lo proclamò Dottore dell'Incarnazione. Anche recentemente, nella udienza generale del 3 ottobre 2007, l'attuale papa ne ha esaltato la grande figura tra i Padri della Chiesa.
Il film ha suscitato prevedibili polemiche che ne hanno ritardato l'uscita in alcuni paesi tra i quali l'Italia. Il regista ha dichiarato di non aver avuto l'intenzione di attaccare il cristianesimo, ma di narrare gli eccessi dell'intolleranza religiosa da qualsiasi parte provenga "... il mio film è cristiano perchè difende i principi cristiani della pietà e della compassione e avvicina il destino di Ipazia a quello di Gesù Cristo. Volevo mostrare al pubblico come nulla sia cambiato rispetto all'antichità, come ciò che i cristiani facevano all'epoca somigli al comportamento degli integralisti islamici di oggi." Decisamente belle le scene dei tumulti dove la folla inferocita sembra uno sciame di formiche operose, mentre non convincono i momenti in cui il film di distacca dalla ricostruzione storica.

domenica 17 aprile 2011

Habemus Papam

Nel film Habemus Papam Nanni Moretti ha scelto la figura del Vicario di Pietro, nel momento della sua elezione, per descrivere un uomo oppresso dai dubbi e dalle incertezze dovute al senso di ineguatezza che lo assale. Per contraltare gli viene frapposto la figura di uno psicanalista afflitto dalla certezza di essere il migliore e dominato da un forte spirito di competizione. Lo stato psicologico di incertezza e di esitazione del protagonista determina un finale irrisolto, voluto dagli autori, che a mio avviso risulta un epilogo scontato di un film che gira intorno al tema proposto senza incidere più di tanto. I personaggi sono spesso solo abbozzati e a volte stereotipati come la coppia di psicanalisti. I cardinali strappano qualche sincera risata, ma rimangono una macchietta senz'anima. Le note positive del film vengono sopratutto dalla stupenda interpretazione di Michel Piccoli che mi ha ricordato il Dillinger è morto di Marco Ferreri. Solo un grande attore poteva descrivere in maniera essenziale il travaglio interiore del protagonista.

Fare un film sul senso di ineguatezza è progetto interessante, ma il lavoro risulta superficiale e poco coinvolgente. Sembra essere un altro film di Moretti fatto sopratutto per se stesso, senza tener conto del pubblico.

sabato 29 gennaio 2011

Ludwig II e i suoi castelli

Nell'estate del 2008, con la mia famiglia, ho finalmente visitato i castelli di re Ludwig II di Baviera. Era una cosa che desideravo fare da molto tempo e non sono stato deluso dalla visita anche se (come si può vedere nella foto) abbiamo incontrato giornate piovose che l'hanno resa meno piacevole.
I catelli sono quattro:
Hohenschwangau, costruito nel secolo XII e ristrutturato tra il 1832 e il 1837, fu la residenza della famiglia del futuro re Ludwig II che qui trascorse la sua gioventù;
Neuschwanstein è il più famoso, probabilmente anche perché fu preso da Walt Disney come modello per il castello del film "La bella addormentata nel bosco;
Linderhof, costruito tra il 1869 e il 1886 e concepito come rifugio privato del re;
Herrenchiemsee, iniziato a costruzire nel 1878 e mai terminato.
Noi abbiamo visitato i primi tre. Il momento per me più emozionante è stato a Linderhof quando sono entrato nella grotta di Venere (Venusgrotte), ispirata alla Grotta Azzurra di Capri, dove Ludwig amava passare ore a sognare e dove viene rievocata una scena del Tannhäuser di Richard Wagner. La grotta l'avevo vista nel film Ludwig di Luchino Visconti girato nel 1972 e uscito l'anno seguente (con Helmut Berger e Romy Schneider che interpreta per la seconda volta la regina Sissi, ma in maniera completamente diversa dalla trilogia che la rese famosa). Non pensavo che esistesse veramente, anche se è noto che Visconti utilizzava per i suoi film oggetti e luoghi autentici.
Ma chi era Ludwig II?
Ludwig II (1845-1886) fu re della Baviera nonché amico e mecenate del compositore Richard Wagner. Detestava la politica e invece di occuparsi degli affari dello stato preferiva spendere i soldi per la realizzazione dei progetti del grande compositore tedesco e per la costruzione di nuovi e fantastici castelli. Per Wagner fece costruire il Festspielhaus di Bayreuth che è tutt'ora la la sede dell'annuale del Festival di Bayreuth, dedicato esclusivamente alla rappresentazione dei drammi del compositore tedesco.
Le sue spese erano considerati folli negli ambienti politici, diplomatici ed economici della Baviera. Per questo motivo fu dichiarato pazzo da una commissione di medici, incaricata dal governo stesso e della casa reale della Baviera, senza essere stato visitato. Fu deposto perché considerato incapace di esercitare i suoi poteri governativi. Tre giorni dopo fu trovato morto, insieme al medico che lo aveva dichiarato pazzzo, dopo una passeggiata al Lago di Starnberg. Il decesso fu classificato come suicidio per annegamento, ma ancora ad oggi è avvolto nel mistero.

lunedì 22 novembre 2010

L'illusionista - omaggio a Jacques Tati

L'illusionista è un film scritto da Jacques Tati alla fine degli anni '50 sconvolti dall'arrivo del rock'n'roll. Sarebbe dovuto essere il quarto lungometraggio del grande cineasta francese (dopo Giorno di festa, Le vacanze di Monsieur Hulot e Mon Oncle), ma non fu mai realizzato forse perché lo stesso Tati lo riteneva troppo autobiografico. La figlia Sophie Tatischeff, alla quale il lavoro è dedicato, prima di morire individua in Sylvain Chomet la persona giusta per mettere in scena la storia del triste declino del music-hall , spettacolo non più al passo dei tempi, e dei suoi protagonisti. In particolare quella di un illusionista che non riesce più a incantare le platee dei teatri, ma diventa l'eroe di una povera e giovane ragazza scozzese. Nasce così questo film di animazione in cui rivive il personaggio di Tati, disegnato con i suoi lineamenti e presentato con il vero nome del regista francese: Jacques Tatisceff.
La storia è forse un po' troppo malinconica, ma il film è fatto con garbo e grande rispetto per l'arte di Tati con soluzioni registiche decisamente filologiche. Chomet apporta qualche variazione alla sceneggiatura originale come l'ambientazione trasportata da Praga a Edimburgo. Da apprezzare la scelta di alternare alla maggioranza dei disegni fatti a mano quelli in digitale, tecnica usata esclusivamente per gli sfondi e i grandi affreschi.
Titolo originale: L'illusionniste
Paese: Francia, Regno Unito
Anno: 2010
Durata: 90 min
Regia: Sylvain Chomet
Sceneggiatura: Jacques Tati, Sylvain Chomet
Produzione: Django Films Illusionist, Ciné B, France 3 Cinéma

domenica 7 novembre 2010

"Passione", un'occasione perduta

Ieri ho visto il film Passione di John Turturro al cinema Fiamma di Roma. Prima di tutto due parole sul locale. Oltre alla pessima organizzazione, ci sono stati venduti due biglietti relativi a posti laterali situati ben al di fuori dello schermo con una visione pertanto distorta. Inoltre la proiezione è stata costantemente disturbata dal forte rumore del proiettore. Invito a non andare nelle sale cinematografiche tipo questa, interessate solo a vendere più biglietti possibili a scapito della qualità.
Il film vuole raccontare Napoli attraverso la sua musica, progetto sempre interessante anche se poco originale. Il problema è che Turturro non racconta un bel niente, perdendosi in stereotipi da turista americano che trova tutto "molto pittoresco" e inserendo qualche immancabile immagine descrittiva del degrado cittadino per dare la solita nota di colore. Il film è un noioso e stucchevole mix di pubblicità alla Dolce e Gabbana, videoclip musicali e documentari alla History Channel. Se l'intento è quello di presentare la canzone napoletana a chi non la conosce (sopratutto in America), il risultato è ampiamente mancato e il neofita si farà una idea confusa e distorta. Se ricordo bene Turturro nel film parla di una città colorata di suoni. Questo sarebbe stato un'ottimo spunto narrativo, ma Turturro si perde in immagini più adatte a pubblicizzare profumi e biancheria intima.
L'aspetto decisamente interessante del lavoro è invece la riproposizione di alcuni capolavori musicali dal repertorio della canzone napoletana in una veste talvolta inedita e aggiornata. Chi, come me e la maggioranza del pubblico italiano, già conosce questi capolavori ha potuto apprezzare anche le proposte più innovative dove la musica evoca sensi e sentimenti di questa città dalle tante anime e culture. In particolare la versione di Peppe Barra della Tammurriata nera ha strappato l'applauso a scena aperta e da sola vale tutto il film, ma anche gli altri interpreti hanno fornito prove spesso di straordinaria intensità e bellezza. Il film si apre con la voce di Mina e si chiude con quella di Pino Daniele. Oltre il già citato Peppe Barra, vediamo esibirsi Spakka-Neapolis 55, Avion Travel, Misia, Pietra Montecorvino, Massimo Ranieri, Lina Sastri, M’Barka Ben Taleb, Angela Luce, Raiz, Fausto Cigliano, Fiorello, Fiorenza Calogero e Enzo Avitabile.

mercoledì 23 giugno 2010

Stop a Greenwich Village

Stop a Greenwich Village era uno dei film che mi ero perso a suo tempo e che, finalmente, sono riuscito a vedere in televisione. Si tratta di un film di Paul Mazursky del 1976 che racconta la storia di un giovane, figlio di ebrei polacchi, che vuole fare l'attore. Per questo motivo lascia i genitori, sopratutto l'opprimente madre interpetata da Shelley Winters, per trasferirsi da Brooklin al Greenwich Village, il quartiere newyorkese frequentato dagli artisti. Qui entra in contatto con una varietà di personaggi e trova lavoro come commesso. Insieme alla sua ragazza forma un gruppo di amici con le quali condivide la vita a Greenwich Village.
Il film è ambientato nel 1953, come testimonia anche la presenza della musica jazz e i riferimenti al caso dei coniugi Rosemberg .
Il cast è formato da un notevole gruppo di giovani attori, molti dei quali troveranno il successo negli anni successivi come Christopher Walken (Il cacciatore) e Jeff Goldblum (Il grande freddo). Chi non raggiungerà il successo è il bravissimo protagonista Lenny Baker, del quale ho avuto difficoltà a trovare sue notizie. Tre anni dopo l'uscita del film deve abbandonare la carriera per un cancro che lo porterà alla morte il 12 aprile 1982.
Titolo originale: Next Stop, Geenwich Village
Paese: USA
Anno: 1976
Durata: 112 min
Regia e Sceneggiatura: Paul Mazursky
Casa di produzione: Twentieth Century Fox
Interpreti: Lenny Baker, Ellen Greene, Shelley Winters, Lois Smith, Christopher Walken

martedì 8 giugno 2010

Peter Cushing

Peter Cushing è uno degli attori più rappresentativi del cinema horrror degli anni '60, in particolare dei film prodotti dalla casa cinematografica britannica Hammer Films.
Debutta in teatro nel 1935 a Londra e nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti, lavorando prima a Broadway poi a Hollywood. Recita piccole parti in numerosi film, tra cui un'apparizione a fianco di Laurel e Hardy. Negli anni '40 torna a Londra per recitare in teatro accanto a Laurence Olivier. Interpreta anche piccoli ruoli cinematografici il più importante dei quali é la parte di Osric nell’Amleto di Olivier. Dal 1950 diventa una star della televisione inglese prendendo parte ad una serie di sceneggiati di successo.
Nel 1957 interpreta il barone Frankenstein in La maschera di Frankenstein di Terence Fisher. Il film ottiene successo e segna l'inizio del sodalizio tra il regista Fisher e la casa di produzione Hammer Films che darà vita a una lunga serie i film horror di quel periodo.
E’ solo il primo di una lunga serie di film prodotti dalla casa inglese che consolidano una delle coppie di attori più affiatata del cinema horror: Peter Cushing e Christopher Lee (Dracula; La vendetta di Frankenstein; La mummia; La furia di Baskerville e Le mogli di Dracula) .
Nel 1977, dopo il fallimento della Hammer, interpreta il crudele Tarkin in Guerre Stellari di George Lukas.
La morte della sua adorata moglie Helen Beck avvenuta nel 1971 dopo una lunga malattia, cambia radicalmente la vita dell'attore che farà una vita ritirata. Peter Cushing amava collezionare e costruire soldatini, scenografie teatrali, dipingeva ed era un appassionato di ornitologia. La sua grande professionalità, il suo eccezionale spirito d’improvvisazione e la scelta accurata dei copioni da interpretare fanno di Peter Cushing uno dei più talentuosi attori del cinema inglese. Fu molto amato dal pubblico, ma non ha mai ricevuto candidature o premi di rilievo. Nel 1982 si è ammalato di cancro e prima di morire nell'agosto del 1994 darà il nome della moglie ad una varietà di rosa inglese.

lunedì 19 ottobre 2009

Motel Woodstock

A quarant'anni dal grande evento, simbolo di un'intera generazione, è uscito il film di Ang Lee Motel Woodstock. Il film è una brillante commedia che narra la storia di una famiglia che vive presso Bethel, un piccolo paese rurale dello stato di New York. La loro vita sarà radicalmente scossa dal grande festival di Woodstock che si svolse proprio a Bethel dal 15 al 18 agosto del 1969. Il film non descrive il concerto (cosa ampiamente fatta dal documentario di Michael Wadleigh), ma mette ben a fuoco quello che è stato lo "spirito" di Woodstock, culmine di un movimento culturale iniziato negli anni '50 con l'avvento del rock'n'roll. Tra gli attori si segnala la brillante caratterizzazione di Imeld Stauton nel ruolo della madre.
Il festival doveva svolgersi nella città di Woodstock scelta dagli organizzatori perché sede di una comunità di artisti tra i quali Bob Dylan. Le autorità locali si spaventarono quando si resero conto dell'enorme numero di gente che la manifestazione avrebbe attirato e il permesso precedentemente concesso fu revocato. Alla fine Elliot Tiber, proprietario del motel "El Monaco" sul White Lake a Bethel, si offrì di ospitare il festival in una sua tenuta di 15 acri dato che aveva già ottenuto un permesso per un piccolo festival musicale locale. Gli organizzatori giudicarono il luogo troppo piccolo e inadatto. Allora Tiber propose un terreno di proprietà di Max Yasgur, un allevatore suo amico, che aveva la forma di un anfiteatro naturale. Il festival mantenne il nome di Woodstock, perché erano stati venduti un gran numero di biglietti con quella dicitura. Il resto è storia.
Motel Woodstock

Titolo originale: Taking Woodstock
Paese: USA
Anno: 2009
Durata: 110 min
Regia: Ang Lee
Soggetto: Elliot Tiber, Tom Monte
Sceneggiatura: James Schamus
Produttore: Ang Lee, James Schamus
Casa di produzione: Focus Features
Interpreti: Demetri Martin, Imelda Staunton, Henry Goodman, Emile Hirsch, Liev Schreiber

giovedì 28 giugno 2007

La Patrie dal Friûl - La Patria del Friuli

"La Patrie dal Friûl” è un opera prodotta da Enzo Pezzali formata da un libro (con testi e immagini) e un documentario in dvd (diviso in tre parti di un'ora).
L'opera descrive il Friuli in tutti i suoi aspetti: da quello storico a quello scientifico, da quello linguistico a quello musicale e così via.
La Patrie dal Friûl è una produzione Lor.Enz Multimedia Produzioni - Società Filologica Friulana - Antoniomaria Bardelli, in collaborazione con la Società Scientifica e Tecnologica Friulana e l'Ente Friuli nel Mondo. La regia del documentario è di Francesco e Marcello Baldi, le fotografie del libro sono di Francesco Baldi.
Puoi vedere le fotografie che ho fatto durante i sopralluoghi del documentario. Si tratta di fotografie di servizio, diverse da quelle inserite nel libro.
dall'Introduzione di Franco Fabbro: "... L'idea di produrre un'opera multimediale sulla "Patria del Friuli" è nata dall'incontro con Enzo Pezzali, che alcuni anni prima aveva partecipato alla realizzazione di una grande opera sulla lingua aramaica intitolata "The Hidden Pearl"... Pur con le dovute distinzioni, la questione aramaica presenta molte similitudini con la questione friulana. Si tratta in entrambi i casi di lingue e culture con una storia importante...
Un aspetto fondamentale per la "Patria del Friuli" è la diaspora dei friulani nel mondo. Nei diversi paesi e continenti del mondo vivono infatti più friulani, o discendenti diretti dei friulani, che in Friuli. Molte di queste persone conoscono oramai soltanto alcuni rudimenti della lingua, della storia e della cultura friulana. Nella stessa condizione si trovano numerosi giovani friulani. La Patrie dal Friûl vuole essere uno strumento moderno per mantenere viva la conoscenza delle radici friulane e per rinsaldare, almeno a livello spirituale, l'identità friulana...
La Patrie dal Friûl viene presentata in tre modalità: 1) i film diretti da Francesco e Marcello Baldi; 2) la sezione fotografica di Francesco Baldi; 3) una serie di saggi coordinati dal sottoscritto.

domenica 17 giugno 2007

L'Adige - domenica 1 aprile 1997

Valpiana e il miracolo del formaggio
Francesko Baldi, un video sulla più mitica della malghe
di Renzo M. Grosselli

Il flauto e il vento, con le nubi a camminare nel cielo. Inizia così il video «Valpiana», regia di Francesko Baldi. E finisce, quasi, con una breve frase di Francesco, il malgaro: «Noi piccoli non ci guardano, se va avanti così la montagna è persa». Il flauto, fatto di solitudine, ad iniziare il racconto della montagna. Che è il racconto di tutte le montagne nostre. Il flauto nel vento, con le nubi in veloce cammino. E rocce e l'ultima neve. L'aria allora, su cui si raccolgono i prati e le poche costruzioni di una malga. Valpiana, val Calamento, più di 1.800 metri sul livello del mare ed una proprietà diversa. Qui i padroni, che ci hanno investito nel corso dei decenni, sono della famiglia Buffa di Castell'Alto, nobiltà di Telve Valsugana. Poi viene l'acqua, fatta di neve dapprima, poi figlia di piogge montane, di fulmini e scrosci. E va giù l'acqua, per le spalle del monte, gli corre sui reni, raggiunge i polpacci della montagna. E corre e si fa ruscello e poi più grande ancora. Coi suoi giochi, l'acqua, i saltelli e gli sciacquii ma anche i ciottoli, coi loro colori diversi. E viene il prato, le margherite e quei fiori che paiono grandi papaveri, ma gialli non rossi. La musica ora, bretone, ad accompagnare la videocamera che si fa d'erba, s'inverdisce. Una lunga ferita sul monte C'è una lunga ferita che si apre sul monte ed è la prateria dove giace Valpiana. La malga che quieta la musica e libera, invece, suoni di campanacci. Perché è l'estate e gli animali stanno lassù e sono le capre, coi campanelli, e le mucche con i campanacci e qualche cavallo che se ne va libero perché i cavalli sono come il vento e se anche li prendi, li tieni per poco e poi corrono via. Sono muggiti, belati, nitriti, versi che vengono dritti dalla nostra infanzia. Ma lassù, a Valpiana, avverti anche delle voci di bimbi prima del silenzio. È il silenzio che annuncia l'arrivo sull'Alpe di Francesco e di Angelina. C'è ordine con loro, c'è anche pulizia. « Quanti ani gavévo? Quindici. Sempre con le bestie. Una malga buona Valpiana, come erba. Come pascoli. Qua il burro diventa giallo, anche il formaggio. Qui e anche a Montalon. Ma non più in basso. Ma c'è poca acqua» dice il malgaro, il casaro, dice Francesco che da una vita fa il formaggio. Il verde è bellissimo, come di una donna che abbia fatto i vent'anni e si mostri nella sua perfetta maturazione, prima di ogni decadenza, nel momento stesso in cui la clorofilla le ha aperto il sorriso al giorno, le ha modellato il seno. E Francesco, Francesco di Valpiana: «Il formaggio da un giorno all'altro non è eguale. Cambia di giorno in giorno. Ma anche le stesse forme che faccio in un giorno sono diverse, il sapore cambia da una forma all'altra, da un giorno all'altro». Perché è la magia del formaggio. Quanto è lontano quel mercato che, come ci disse un giorno quel funzionario provinciale, garantisce una qualità costante ma anche l'assoluta igienicità e «porta il nostro nome nel mondo». No: tutto ma non questo, il nostro nome è Malga Preghena, nella montagna di Non, o Setteselle, qui vicino, a questo nome noi rispondiamo per sangue e per spirito libero. Ogni forma di formaggio nel firmamento delle malghe ha il suo sapore: perché ogni forma è una vacca, sono due vacche o tre vacche e le erbe soprattutto, quelle di quel giorno e di quel sole, con o senza i fiori. Questa è Valpiana. Anche. Un vecchio uomo e con lui una vecchia signora. Lei è Angelina, è la donna di Francesco e li vedi trattare il latte. Lui applicare la mungitrice elettrica alle mammelle grosse e sugose della vacche. Poi lei e lui che versano il latte, che trattano la panna, che lavorano e, alla fine, prepareranno il burro e il formaggio. Come ogni anno da tanti anni. Nel cielo terso del Lagorai. Nel cielo annerito e infuriato del Lagorai. Che noi cantiamo fino a che resterà la voce nella nostra gola. Spacca la legna Francesco e Angelina prepara il fuoco e su quel piccolo fuoco viene portata l'enorme «calgiéra» colma di latte. Francesco è sbarbato, bello, lo filmano oggi. Ed è sempre la musica bretone che accompagna la montagna e il formaggio che si fa, piano. La mano esperta di Francesco va giù nel latte tiepido e raccoglie i primi grumi, li porta alla bocca. Poi le sue mani raccolgono il formaggio, grande e freschissimo. Perché Valpiana è il miracolo del formaggio. Lei, Angelina, lavora al burro nella cavalcata della musica bretone. Ricorda Francesco: «Mi dissero che c'era una brava ragazza in Calabria. Venga subito o parte. E sono andato là e in tre giorni eravamo sposati. Ho comperato terra, trattori. Ho tre figli. Abbiamo lavorato tanto ma erano anni buoni. Oggi guardano solo ai grandi. Noi piccoli non ci guardano. Se va avanti così la montagna è persa». E sarebbe perso il Trentino. «Sono nato nel 1956. - dice Francesco Baldi, l'altro Francesco, il regista - Non a Telve, terra di mio padre, ma a Montichiari, Brescia. Casualmente. È il paese di mia madre ma non lo sento come un luogo mio. Mia nonna era levatrice e io e mia sorella siamo nati lì perché la mamma voleva farci nascere assistita dalla nonna. Fatti in casa». Quindi, di dove sei Francesco Baldi? «Apolide. Abito a Roma ma ho sempre avvertito che le mie radici sono in Trentino». Poi un pensiero: «Coi genitori facevo sempre le vacanze in val Calamento da piccolo. Poi ho iniziato ad andarci da solo, con gli amici. Radici valsuganotte». Perché questo video su Malga Valpiana, voluto dalla «pasionaria», Laura Zanetti, e dalla Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai? «Malga Valpiana fa parte della mia vita. Una delle più classiche passeggiate delle mie estati, prima con papà, poi con la mia ragazza. Quasi come un rito andarsene su a piedi, ben prima che ci fosse la strada. Ecco, ora ho girato un video come fosse un pezzo della mia vita. Già in passato, ogni volta che il lavoro me lo permetteva, inserivo queste zone nelle mie opere. Con mio padre, Marcello Baldi (ndr, il regista del documentario «Italia K2» ma anche di grandi successi di cassetta, film con Jack Palance e Gina Lollobrigida, poi grande documentarista), facemmo una puntata di "Italia in bicicletta" su Rai3 e io nel quinto itinerario inserii Calamento e Malga Valsolero». La sua professione non è quella di filmaker . «Io mi occupo sia di musica che di video e immagine. La mia attività quotidiana è quella di insegnante nel conservatorio di Frosinone. Insegno flauto al corso tradizionale e da tre anni, dopo la riforma, a livello universitario insegno Storia della musica rock , l'unica cattedra in Italia». C'è una giustizia mefistofelica che regge le sorti del mondo: solo un insegnante di rock poteva cantare così Malga Valpiana. «In passato ho fatto comunque vari lavori che univano musica e immagine. Il progetto Valpiana, ad esempio, è pensato come una suite musicale. La prima parte è ambientale, poi la montagna, l'aria, l'acqua, i fiori, le malghe. La seconda parte su Valpiana, la vita di Francesco e Angelina, la lavorazione del formaggio, il cane Stella. Nel finale, le conclusioni di Francesco». Cosa ha fatto Baldi con il video, in passato? «Video artistici sperimentali, con musica e teatro, lavori di ricerca. Poi ho fatto l'aiuto regista e il regista, anche per la televisione». Suo padre è un monumento. Immaginiamo anche scomodo per lei. «Soprattutto in Trentino. Là lui è per tutti il regista trentino quindi quando si parla di Baldi... Ma io posso dire di aver fatto delle belle esperienze con lui».
Questo video, prodotto da Thomas Torelli, montaggio di Roberto Borrello e fotografia di Luca Silvagni, sarà proiettato al «TrentoFilmFestival», edizione 2007. «Certamente si tratterà di una occasione, di una apertura. Il nostro lavoro è stato portato avanti con finanziamenti europei, pochi soldi quindi. Ma c'era anche un accordo col produttore, Torelli, che avrebbe potuto costituire l'inizio di una serie di ritratti di gente delle Alpi, lo scultore in legno, la guida... Vedremo il responso della gente». Il video è firmato «Francesko». «Un vezzo, uso sempre la K quando firmo lavori che mi paiono importanti, che mi legano alle mie radici». C'è la neve adesso lassù, a Valpiana. Anzi, è appena nevicato. E sono altri gli animali che vi lasciano tracce: il camoscio e la volpe, la lepre e lo scoiattolo. Ma verrà la prima estate e quella montagna si riempirà di muggiti e belati. E qualche nitrito. Fino a quando ci saranno Francesco e Angelina a tenere alta la nostra bandiera. Che è una bandiera d'erbe e di formaggi. Ogni giorno diversi. E con quel sapore che è anche di «legne» e di fumo.