domenica 30 marzo 2008

Viaggio in Grecia (parte I: Patra; Lepanto; Delfi; Atene; Corinto)

Queste fotografie sono state fatte nell'estate del 2007 e documentano il viaggio in Grecia fatto con la mia famiglia.

Con i suoi 2.252 metri di lunghezza, 27,2 di larghezza stesi su quattro piloni che collegano le cittadine di Rio e Antirio, il ponte è stato concepito per resistere a un terremoto - la zona è ad alto rischio sismico - di intensità di sette gradi Richter, o all’impatto di una nave di 180.000 tonnellate che finisca a 18 nodi contro uno dei suoi piloni.
Preso in considerazione anche il vento: il ponte resiste a raffiche fino a 250 chilometri orari, e resterebbe in piedi anche se uno dei quattro piloni si spostasse di due metri. Una resistenza garantita dalle fondamenta dei piloni che sono larghe e poco profonde (il diametro è di 90 metri).

La prima tappa è stata Náfpaktos, più conosciuta come Lepanto., dove il 7 ottobre 1571 si svolse la celebre battaglia navale tra le forze dell’impero ottomano e quelle alleate del papa, della Spagna e di Venezia.

Il paese è delizioso e poco turistico. Abbiamo fatto un giro del piccolo porto cinto da mura circolari e contenete una statua in bronzo dell’eroe della battaglia: Miguel De Cervantes. Si, proprio lui, il grande scrittore spagnolo. Il fatto mi è costato una delle pochissime scommesse perse con mia moglie. Dato il caldo opprimente ci siamo fermati a pranzo nella taverna “O Stavros”, frequentata da greci e con i tavoli in riva al mare oll’obra di alberi.

Il giorno dopo abbiamo visitato l’antica Delfi e il Santuario d’Apollo. Su consiglio ricevuto alla bilietteria, la sera prima avevamo visitato il museo (con l'aria condizionata) riservandoci il sito archeologico per la mattina seguente quando la temperatura è decisamente più mite e i turisti sono presenti in numero non eccessivo.

La visita è consistita in una piacevole passeggiata lungo la Via Sacra che porta al Tempio di Apollo, al Teatro per concludersi allo Stadio che è il meglio conservato di tutta la Grecia.

Dopo Delfi ci siamo diretti ad Atene passando per le pendici del monte Parnassos, dove i moderni greci praticano gli sport invernali.
Ad Atene abbiamo fatto quello che volevamo accuratamente evitare: siamo andati a visitare l’Acropoli in tarda mattinata con il sole alto e le folle di turisti. Per di più il Partenone e i Propilei erano ingabbiati da impalcature che disturbavano alquanto la visione. Io e mia moglie ci siamo ripromessi di visitarela in altra occasione e stagione.

Da Atene ci dirigiamo verso Corinto per vedere il canale omonimo.

In prossimità dell’istmo lasciamo l’autostrada per fermarci in uno spazio attrezzato a ridosso del canale. Il taglio è veramente impressionante e io non riesco ad arrivare a metà ponte a causa della mia fobia del vuoto. Vicino c’è un centro attrezzato per il bungee jumping dove ci invitano ad assistere al salto passando per uno stretto pertugio che conduce ad una passerella sotto il ponte.


A metà della passerella, proprio nel mezzo del canale, c’è una piattaforma dove un turista viene preparato per il salto.
Per me è troppo! Devo tornare indietro, mentre la mia famiglia rimane compatta sulla piattaforma munita di telecamera e macchina fotografica.

venerdì 28 marzo 2008

Louie Louie

Nel 1963 un piccolo combo di Portland, i Kingsmen, scalò le classifiche con un trascinante hit dal riff ossessivo, Louie Louie.
Louie Louie viene ancora oggi ricordato come il brano più reimpretato nella storia del rock. Bandita nel 1964 dal governatore dell’Indiana per contenuti scabrosi, fu al centro di un’indagine dell’Fbi su segnalazione del procuratore generale Robert Kennedy. Un’inchiesta di oltre 120 pagine fu archiviata, perché non si giunse ad alcun risultato.
Louie Louie è la madre di tutte le canzoni rock. Scrive Riccardo Bertoncelli “… era brutta e sgraziata, giusto come non volevano i discografici, mamma e papà… era semplice fino alla nausea, il classico pezzo da cantare alle feste anche se nessuno sa suonare… conta 1200 versioni accertate… la Rhino gli ha dedicato due antologie, uno scrittore affermato come Dave Marsh un libro… Frank Zappa nel 1968 la intonò all’organo monumentale della Royal Albert Hall di Londra.”
Per ulteriori informazioni vedi http://www.burioni.it/forum/ridi/et/et64.pdf
I documenti relativi all'indagine dell'FBI si possono trovare al sito http://www.fbi.gov/

Lo Skiffle

Una significativa influenza per lo sviluppo del pop e del rock inglese sarà quella della musica skiffle, un genere veloce e leggero che prese piede negli anni '50-'60 sulle rive del fiume Mersey (fiume che attraversa Liverpool).
Lo skiffle era inizialmente suonato con strumenti poveri come il kazoo, il washboard e il tea-chest bass che tutti potevano procurarsi e suonare con grande facilità. In seguito questi strumenti furono sostituiti dalle chitarre e dalla batteria. L'unico che si conservò fu il "tea-chest bass", una specie di contrabbasso formato dalle ceste per trasportare il tè e da un manico di scopa.
Il repertorio dei gruppi skiffle era solitamente composto dai successi roc'n'roll del momento (Johnny B. Goode, Long tall Sally, ecc.) e anche da ballate popolari locali (Maggy Mae).
Il maggior esponente del genere fu lo scozzese Lonnie Donegan che incontrò il successo nel 1956 con Rock Island Line entusiasmando i giovani inglesi. In breve tempo nacquero moltissimi skiffle-club (600 nella sola Londra) e i ragazzi inglesi non furono più solo degli ascoltatori passivi, ma autori della propria musica.
Ricordiamo inoltre che tutti i componenti dei Beatles, da adolescenti, "fondarono" o presero parte a gruppetti locali skiffle. L'apprendista meccanico Ringo Starr suonava in un gruppo dal nome The Eddie Clayton Skiffle e John Lennon fondò nel 1955 il complesso dei "Quarry Men" (dal nome del liceo frequentato da tutti i componenti del gruppo: il "Quarry Bank Institute") che, oltre a John, comprendeva anche Paul McCartney e George Harrison.
Alan Lomax, nel 1967, sintetizzò così il genere: “A Londra, prima dell'arrivo dello skiffle, solo pochi facevano musica propria. Cantare e suonare era affare di esibizionisti e professionisti della musica. Oggi i giovani di questo paese hanno le loro canzoni che cantano con piacere. Sono abbastanza sicuri di se per cantarle... “.

Concept album

Per concept album si intende un'opera discografica in cui tutti i brani sono uniti tra loro da un unico tema o concorrono al racconto di una storia. Questa formula è piuttosto diffusa nel rock, in particolare è diventato uno dei tratti distintivi del rock progressivo, ma la si ritrova anche in numerosi altri generi, inclusi jazz, pop, e heavy metal.
L’esempio più antico di concept album potrebbe essere considerato Dust Bowl Ballads, esordio di Woody Guthrie (1940).
Nel rock il primo esempio di concept album è probabilmente Little Deuce Coupe dei Beach Boys (1963), sulla cultura dell’automobile negli Stati Uniti che anticipa di tre anni Pet Sound, l'album considerato il capolavoro del gruppo.
Sempre nel 1966 esce Freak Out!, album d'esordio delle Mothers of Invention e di Frank Zappa (nonché uno dei primissimi album doppi).
L’album che più di tutti contribuì a diffondere l’idea di concept album fu probabilmente Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles (1967), ottavo album ufficiale del gruppo, ma sopratutto il primo dopo la rinucia alle esibizioni in pubblico.
L'anno seguente esce Village Green Preservation Society dei Kinks che parla di una Inghilterra fatta di prati e villaggi, che la società di conservazione di verde del villaggio vorrebbe proteggere dagli eccessi della modernità.

martedì 18 marzo 2008

Storia del flauto - il novecento

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Le componenti che caratterizzano il processo di rinnovata considerazione da parte dei compositori, per il Flauto traverso, che si attua tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, sono riconducibili alla crescente diffusione e affermazione del Flauto “Böhm”, con relative modifiche e miglioramenti, il quale offrì maggiore solidità tecnica e ricchezza sonora, e all’evoluzione, e conseguente trasformazione, dell’idioma tardoromantico in nuovi linguaggi Musicali.
In questi anni non solo si concluse il periodo del retaggio Classico – Romantico, ma si esaurì anche la concezione globale di tonalità come i secoli passati l’avevano intesa.

Con “Prelude a l’apres-midi d’un Faune” di Debussy nel 1894 si apre una nuova stagione nel corso della storia della Musica, ed è grazie a questo brano che il Flauto torna a collocarsi, dopo quasi un secolo di vita tormentata e di scarsa considerazione da parte dei compositori, in una posizione di primissimo piano, come si potrà verificare dalla continua evoluzione e dai successivi consensi che verranno ottenuti nei decenni successivi.
L’importanza simbolica del “Prelude” di Debussy per l’inizio del Novecento Flautistico consiste nel portare metaforicamente sulla scena il Flauto come nuovo protagonista capace di emergere in quanto strumento concertante e nonostante la tessitura spesso grave, anche su un’Orchestra di dimensioni tardoromantiche.
Associare poi il Flauto con una figura dionisiaca come Pan influenzerà fortemente molti compositori legati all’Impressionismo: cambia ed arricchisce il ruolo immaginario dello strumento, da sempre legato solo a temi apollinei, e gli riconosce una potenzialità solistica che il Romanticismo non gli riconosceva.
Anche Ravel è da citare per l’importanza data allo strumento in “Daphnis e Chloè”, balletto rappresentato nel 1912.
Il Tema pastorale con i protagonisti che mimano, in segno di ringraziamento, l’avventura di Syrinx e Pan (che ha sottratto Chloè ai pirati) prima di festeggiare il proprio fidanzamento, non può ovviamente trascurare il Flauto, ma solo arricchirne l’importanza: e così oltre alla ricchezza di numerosi passi e soli in cui il Flauto descrive, specie nella terza parte del balletto, con il suo timbro il mondo bucolico, va registrato anche il particolare organico che presenta, oltre ai due Flauti in Do ed all’ottavino, il Flauto contralto in Sol.
Proprio il mondo del balletto univa in quel periodo Ravel a Stravinsky giunto a Parigi nell’ambito dei Ballets Russes di Sergei Djagilev; e a “Daphnis et Chloè” segue nel 1913 “Le Sacre du Printemps”, la grande Partitura del maestro russo nella quale la famiglia dei Flauti si arricchisce ancor più nell’organico Orchestrale prevedendo un ottavino, tre Flauti in Do e nuovamente un Flauto in Sol.
Nel primo decennio del ‘900 si verificarono anche i primi esperimenti moderni nell’uso dei microtoni e in altre divisioni non tradizionali dell’ottava.
Una curiosità è costituita anche da esperimenti quali la realizzazione di una Sordina per il Flauto ad opera del costruttore italo svizzero Abelardo Albisi, accessorio però mai entrato nell’uso comune.
Albisi contribuì all’ulteriore sviluppo dello strumento con la sperimentazione e l’invenzione di diversi prototipi tra i quali il noto Albisiphon (1910) un flauto baritono-basso progettato in diverse taglie.
Il periodo tra il 1900 e il 1920 fu animato da diversi movimenti, tra loro separati e decisamente indipendenti, senza che vi fosse alcun riferimento centrale, riconosciuto a livello generale.
Tutti questi movimenti furono però attraversati dalla ferma tendenza verso la dissoluzione della tonalità classica, una tendenza che era già stata percepita in Schubert e in Chopin, continuata da Liszt e da Wagner, accentuata dagli esperimenti armonici di Musorgsky, Mahler, Strass, Faurè, Debussy e Ravel, e che a un certo punto culminò nei lavori, precedenti al conflitto mondiale, di Skrjabin, Ives, Schönberg e Stravinsky.
Il cromatismo, accordi complessi e inconsueti, il canto popolare nazionale, l’esotismo, la modalità, l’uso dalla scala pentatonica, della scala per toni interi e di altre scale non classiche, le correnti di accordi e la politonalità: tutti questi elementi entrarono a far parte delle nuove ricerche.
I compositori della prima metà del XX secolo furono occupati in larga misura dall’elaborazione dei nuovi concetti di tonalità, o nel tentativo di trovare un’adeguata alternativa alla stessa, e nella conciliazione degli altri elementi Musicali come la strumentazione, il contrappunto, il ritmo e la forma con i nuovi idiomi armonici.
Questa ricerca sistematica troverà la piena applicazione nell’ambito dei corsi estivi di Darmstadt, i quali a partire del 1946, apriranno ufficialmente e definitivamente la strada alla “Nuova Musica”.
Il Flauto a Darmstadt ha un ruolo da protagonista e praticamente tutti i grandi compositori del periodo scrivono pezzi per Flauto, grazie anche alla grande figura ispiratrice di Severino Gazzelloni.

Storia del flauto - il periodo romantico

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Nel 1831 il flautista compositore e costruttore monacense Theobald Böhm, padre del Flauto attualmente in uso, inizio ad elaborare un sistema di chiavi che trovò applicazione stabile nel Flauto e nel Clarinetto e che venne, pur senza successo duraturo, anche nell’Oboe e nel Fagotto.
L’Opera di Böhm costituisce in questo senso un’accelerazione nel processo di sperimentazione ed innovazione degli Strumenti a fiato, che porterà anche a concepirne alcuni totalmente nuovi, come il caso eclatante del Sassofono di Adolphe Sax.
Rispetto agli altri Legni il Flauto subirà nel 1847, di nuovo per opera di Böhm, un mutamento ancor più sostanziale, passando da una struttura del tubo prevalentemente conica ad una prevalentemente cilindrica, in tutto simile a quella oggi universalmente in uso.
All’inizio del Romanticismo nasce una nuova consapevolezza del trattamento degli Strumenti, che si concretizza nelle discipline dell’Orchestrazione e della Strumentazione.
A questo fine vengono studiate le soluzioni Orchestrali dei Maestri del passato.
I trattati francesi, per esempio, citano a più riprese passi dal loro repertorio classico settecentesco.
Questa sensibilità porta a considerare l’espressività dei Legni non più isolatamente, come avveniva nel Barocco con l’assegnare a ciascuno specifici “affetti”, né soltanto come organico insieme coloristico dell’Orchestra sinfonica, né infine come blocco sonoro contrapposto agli Archi, secondo la lezione di Beethoven, ma ne esplora molte altre varianti, sia come sovrapposizioni timbriche all’unisono (Flauto ed Oboe), all’8° (Flauto, Oboe e Clarinetto) e doppia 8° (Flauto e Fagotto), sia come rispettivo intreccio melodico contrappuntale (come per esempio la condotta dei Legni nelle Sinfonie di Brahms).
Vi è pertanto una grande varietà di soluzioni ed il Flauto, nella fattispecie, non è più costantemente ai vertici della Partitura, venendo utilizzato in tutta la tessitura ed in molte nuove soluzioni che ne esplorano e allargano l’estremo confine della sua gamma e del suo potenziale espressivo.

Il Flauto fu il primo tra i Legni a sviluppare una foratura laterale cromatica con relativa meccanica di controllo in grado di rendere omogenei tutti i suoni.
Ora, però, non si trattava più solo di creare omogeneità sonora, ma di sviluppare un’equivalente agilità tecnica in tutte le tonalità.
In Orchestra un altro importante momento per gli Strumenti a fiato è la verifica del loro equilibrio sonoro e la loro duttilità timbrica che vengono giudicate in relazione all’impasto generale e con gli altri Legni.
L’Orchestra romantica viene potenziata sia nella composizione dell’organico sia nel volume sonoro dei singoli Strumenti; ciò anche per adeguarsi alle nuove, ampie sale da Concerto, aperte ad un pubblico ben più numeroso del passato.
Il Flauto aveva iniziato a tradire una certa debolezza sonora in Orchestra già nel secondo Settecento, l’apertura dei fori semitonali e l’ampliamento del foro d’imboccatura avevano la finalità di rendere omogenea la gamma dei suoni e di aumentarne il volume.
Il Flauto cilindrico di Böhm (1847) sarà lo strumento più potente a disposizione degli esecutori, ma la sua struttura cambia sensibilmente il timbro dello strumento e alcune scuole e Orchestre sono da principio alquanto restie ad accettarlo.
In Germania, per esempio, esso sarà generalmente accolto soltanto quando la stagione della Musica propriamente romantica si sarà conclusa e altri stili e atmosfere ne avranno dimostrato le alte potenzialità tecniche nella tessitura estrema o ne avranno valorizzato proprio quel colore precedentemente rifiutato.
Se nel repertorio solistico maggiore dell’epoca romantica il Flauto non ha una rilevanza da protagonista, come avviene invece nel caso del pianoforte e degli Archi, diversa considerazione mostrarono i grandi compositori per il ruolo del Flauto in Orchestra, come dimostrano i tanto episodi e i “soli” che punteggiano il repertorio lirico e sinfonico.
Il Flauto è abitualmente al vertice del pieno Orchestrale (ora a fianco della coppia di Flauti c’è quasi stabilmente l’Ottavino), spesso all’unisono con i primi Violini, ma molte altre sono le soluzioni del suo impiego: è normalmente usato nella tessitura medio acuta, la più incisiva,
arrivando normalmente al Do della 4° ottava (Brahms: Sinfonie e Variazioni su un Tema di Haydn) e tra XIX e XX sec. raggiunge eccezionalmente il Do# ed il Re della 4° ottava (es: Poemi sinfonici di Richard Strauss).
Il registro grave viene esplorato con maggiore assiduità nel secondo ‘800 quale segno di una più attenta analisi coloristica orchestrale del tardo Romanticismo (Brahms solo della Sinfonia n°4 op.98, episodi in Sinfonie di Mahler ed in Richard Strauss).
In contrappunti di sonorità miste il Flauto emerge isolatamente a proporre, a ricordare il Tema o a suggerire in secondo piano i controsogetti (Brahms, 1° mov. della Sinfonia n°1 op.68).
Al Flauto si affidano pedali nell’acuto, cadenze delicate (Schumann: Sinfonia n°1 op.38, Rimskij-Korsakov: Sherazade), Preludi solistici con l’Arpa (Bizet: Carmen - Preludio al 3° atto) o sopra un sommesso sottofondo degli Archi con sordina (Verdi: Preludio al 3° atto dell’Aida); il Flauto irrompe nel pieno Orchestrale con corse brillanti e a perdifiato (Mendelssohn: Scherzo del Sogno di una Notte di mezz’estate op.61).
Secondo uno stilema “rossiniano” del primo ‘800, il Flauto accompagna il canto con arpeggi mentre più tardi si useranno i tremoli (Verdi e Meyerbeer).
Il “Tremolo” rappresenta una novità assoluta ed in taluni momenti diviene una vera e propria moda compositiva.
Rossini fa spesso emergere i Fiati isolati prima di sovrapporli nei finali delle sue Sinfonie operistiche e talvolta scrive pe i Legni parti da primadonna: per il Flauto sono noti, per esempio, i soli del “Viaggio a Reims” e del “Guglielmo Tell”.
Donizetti e Bellini, invece, sono soliti scrivere soli in preludi al canto facendo dialogare lo strumento con la voce senza mai eccedere in coloriture strumentali.
Esempi Flautistici sono la celebre scena della pazzia della “Lucia di Lammermoor” e l’aria “Casta Diva” di “Norma”.
Sono riconducibili al periodo anche le tecniche del “Frullato” e dei doppi suoni, ma nessuna delle due venne utilizzata con sollecitudine nella Musica sinfonica e lirica.

Storia del flauto - il periodo classico

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Un’impronta di notevole importanza viene data al Flauto classico dai cambiamenti nella composizione e nella scrittura Orchestrale.
Nell’Orchestra classica, i Fiati non introducono o rappresentano più specifici “affetti” ma vengono integrati nel colore sinfonico dell’insieme.
Fatta eccezione per i Flauti dolci, definitivamente esclusi ed in rapida scomparsa nella Musica colta, e delle Trombe, aggiunte con i Timpani a sostegno solenne del Tutti Orchestrale, coppie di Flauti traversi, Oboi, Corni, Fagotti e poi anche di Clarinetti formano ora una costante dell’Orchestra: una sezione di colori che crea timbri stratificati e chiaroscurali, che conduce linee melodiche in contrappunto con gli Archi o tra loro stessi, che sostiene le armonie, che rinforza i Bassi o che si alterna agli Archi in blocchi sonori contrapposti, secondo quella che sarà la lezione beethoveniana.
I Flauti trovano posto autonomo in Orchestra nel tardo Settecento (nei primi del secolo lo avevano solo nelle Orchestre di Parigi, Dresda e Berlino).
Nell’Orchestra classica, il Flauto è posto costantemente al vertice della Partitura, spesso in funzione di raddoppio dei Violini I, talvolta all’8° superiore di questi o di altri Strumenti.
Che l’Orchestra classica fosse un organico compatto lo dimostra il trattamento della dinamica, che non è più ottenuta secondo il principio barocco dell’aggiunta o della sottrazione di Strumenti, ma come somma della dinamica di ciascun strumento.
Proprio per esaltare questo effetto, agli Strumenti viene richiesta maggiore duttilità e sonorità.
Anche nel Concerto solistico e nel nuovo genere della Sinfonia concertante l’Orchestra d’accompagnamento rimane completa e compatta con tutti i suoi Fiati; ciò si osserva anche nel Concerto per Flauto che, pur rimanendo il più debole di tutti i Fiati, è incalzato da un organico d’accompagnamento più numeroso e dinamico che in passato, con Oboi e Corni.
Nel nuovo rapporto con la compagine Orchestrale e con la sonorità degli altri Fiati, il Flauto sviluppa sostanziali cambiamenti nel volume sonoro e nel timbro, originati dall’esigenza di farsi sentire, soprattutto nel registro grave.
Per capire meglio l’impiego Orchestrale del Flauto è utile prendere ad esempio alcune opere dei maggiori compositori del periodo.
Nelle prime Sinfonie di Haydn il Flauto è raramente presente mentre comincia ad apparire regolarmente dopo il 1780.
L'estensione è inoltre dapprima limitata al registro medio mentre nelle ultime Sinfonie come “Militare” (n°100 in Sol mag. “Militare”), la gamma si estende fino al Sol della 3° ottava.
Anche in Mozart il Flauto diviene importante nel gioco della polifonia nelle ultime Sinfonie.
Va infine osservata l’importanza assegnata da Beethoven al Flauto nell’organico orchestrale dove è presente in tutte le 9 Sinfonie - un Flauto singolo nella n°4 op.60, due Flauti in tutte le altre a cui va aggiunto l’Ottavino presente nella n°5 op.67, n°6 op.68 e n°9 op.125 – ed utilizzato con un’estensione sempre maggiore ed è chiamato all’esecuzione di importanti Passi e “Soli” tra i quali vanno ricordati: Leonora III op.72a, Sinfonia n°3 in Mib mag. op.55 “Eroica” (in particolare il “Solo” del 4° mov.), Sinfonia n°6 in Fa mag. op.68 (2° mov.), Sinfonia n°7 in La mag. op.92 (1° mov.: attacco del Vivace), e Sinfonia n°9 in re min. op.125 (2° mov.).

Storia del flauto - il periodo barocco

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Dopo il suo esordio nell’organico Orchestrale operistico il Flauto venne utilizzato nel corso del periodo Barocco sempre più spesso anche nella Musica prettamente strumentale.
Il generale cambiamento della scrittura, delle forme e dei generi Musicali che avvenne nel Seicento influenzò in maniera crescente la produzione, la fattura e l’impiego dei Fiati.
Gli Strumenti dovevano corrispondere al nuovo stile in flessibilità dinamica ed espressività, secondo un gusto del tutto nuovo, ricco di sfumature o di repentini contrasti.
Il ruolo preminente svolto dall’Orchestra d’Archi costituitasi nel XVII sec. generò una selezione nel campo dei Fiati.
Una qualità consapevolmente ricercata nel suono dei Legni barocchi fu infatti la buona disposizione a fondersi con il timbro degli Archi.
Se la fattura rinascimentale propendeva per timbri ben distinti, chiari e penetranti, adatti a differenziare le linee melodiche della polifonia, la fattura barocca privilegiava timbri relativamente scuri e morbidi con buona disposizione all’impasto coloristico.
Nelle Orchestre d’Opera e di Musica Sacra, la funzione del Flauto ( e degli altri Fiati ) fu quella di introdurre o di sottolineare e ampliare determinati “affetti” rappresentati sulla scena o suscitati dal testo sacro.
Si trattò in genere di episodi lasciati interamente ai Fiati, come nelle danze “en Trio” presenti nelle opere di Lully, sia di arie con uno o più Strumenti “obbligati” insieme alle voci.
Per quanto riguarda invece la Musica prettamente Orchestrale verso la fine del ‘600 si cominciò a distinguere lo stile della Musica da Camera da quello della Musica per Orchestra, cioè tra un insieme Musicale dove ogni parte era suonata da un solo strumento, e un insieme dove ogni parte era suonata da più Strumenti.
In gran parte dei lavori per gruppi strumentali del XVII sec. non erano chiare le preferenze del compositore a questo proposito.
L’espressione degli “affetti” fu una delle principali finalità dell’estetica barocca.
Essa era presente anche nella Musica strumentale.
Gli “affetti” venivano suscitati e placati da precisi elementi compositivi (scelta della tonalità, generale andamento ritmico e melodico, quantità e tipo di dissonanze, cromatismi, eccetera ), così come dalla scelta del timbro degli Strumenti.
Perciò i Fiati barocchi, oltre che per la qualità di impasto con gli Archi, trovarono una collocazione Orchestrale anche come interpreti di riferimento di ben determinate categorie di “affetti”.
In Orchestra il Violino fu lo strumento più versatile e flessibile in questa funzione espressiva, mentre i Fiati furono usati in modo più specifico e piuttosto rigido, sviluppando maggiore libertà solo nel loro repertorio solistico.
Nell’ultimo ventennio del XVII sec. apparve un nuovo tipo di composizione, il Concerto, che diventò il genere più importante di Musica Orchestrale Barocco dopo il 1700.
Il Concerto era una sintesi, esclusivamente strumentale, di quattro pratiche barocche fondamentali; il principio del “Concertato”, la struttura composta di un Basso solido e di una parte acuta fiorita, un’organizzazione Musicale basata sul sistema maggiore-minore e la costruzione di un lungo brano elaborato in movimenti autonomi separati.
Intorno al 1700, si scrivevano Concerti di tre generi diversi.
Il Concerto Orchestrale (detto anche Concerto-Sinfonia) era un semplice brano in diversi movimenti in uno stile che metteva in risalto la parte del primo Violino e del Basso e di solito evitava la più complessa struttura contrappuntistica tipica della Sonata e della Sinfonia.
Ma in questo periodo erano più frequenti e importanti le altre due forme di Concerto, il Concerto grosso e il Concerto solista, entrambi i quali presentavano di norma sonorità contrastanti: un piccolo gruppo di Strumenti solisti nel Concerto Grosso, un singolo strumento nel Concerto solista, si contrapponevano alla restante massa orchestrale.
Uno dei più grandi compositori del genere è Antonio Vivaldi che ne scrisse più di 600.
Per quanto riguarda più specificatamente il Flauto oltre ai concerti solistici possiamo citare il Concerto in Fa maggiore “La Tempesta di Mare” per Flauto, Oboe, Fagotto, Archi e Basso continuo RV570 ed il Concerto in Fa maggiore “Il Proteo o sia il Mondo al rovescio” per Violino, Violoncello, due Flauti, due Oboi, Archi e Basso continuo RV572.
Proseguendo nel percorso Flautistico barocco non possiamo non prendere in esame l’Opera di Johann Sebastian Bach.
Sebbene l’Opera per Flauto finisca per risultare secondaria nell’ambito della complessa produzione bachiana, non possiamo non riconoscere e non rintracciare anche in essa quel percorso fatto di felice ispirazione e magica inventiva ed allo stesso tempo di abile razionalità costruttiva, sintesi barocca di una ricerca non solo Musicale ma anche esistenziale che porta Bach dalla speculazione empirica e scientifica della nova armonia “ben temperata” fino alla tensione dell’individuo verso la comunione con Dio: SDG (Soli Deo Gloria) è infatti il motto con il quale egli amava concludere le proprie fatiche.
Ad avvalorare la tesi circa l’interesse di Bach per il Flauto traverso vi è anche la composizione dei Concerti Brandeburghesi ed in particolare del n°5 in Re mag. BWV1050 strumentato per Flauto traverso, Violino principale, Cembalo concertato, Violino in ripieno, Viola in ripieno, Violoncello e Violone.
Il primo movimento del Concerto n°5 registra, forse per la prima volta, la presenza di un Flauto traverso “concertante” nell’ambito di una seppur ridotta compagine e forma Orchestrale.
E Bach concede al Flauto uno spazio ancora più privilegiato nell’Ouverture in Si min. BWV1067 nella quale, accompagnato dagli Archi e dal Cembalo, si propone come strumento guida dell’intero brano.
Che Bach provasse un autentico interesse per le qualità espressive del Flauto è dimostrato, più ancora che dalla Musica strumentale, dalla importante presenza dei Flauti nella sua Musica sacra.
Nelle Passioni, nelle Messe e nelle numerose Cantate con Arie con Flauto “obbligato”, lo strumento ha la funzione di amplificare gli “affetti” indotti dai testi sacri.
Bach scelse il Flauto per la giocosa fioritura che accompagna “Was Gott tut, das ist wohlgetan” (BWV100) e la baldanzosa gioia nella lode a Dio in “Herr Gott, dich loben alle wir” (BWV130) e “Schmucke dich, o liebe Seele” (BWV180); ma anche per l’eterea atmosfera di “Esurientes implevit bonis” (Magnificat in Re mag. BWV243), con due Flauti nella tessitura medio-acuta di Mi mag., o per la struggente dolcezza di “Aus Liebe will mein Heiland streben” (Passione secondo S.Matteo BWV244), insieme a due Oboi da caccia, di “Qui tollis peccata mundi” (Messa in La mag. BWV234), in cui due Flauti ritmano la tensione con le reciproche dissonanze, fino al tragico “scorrere delle lacrime” di Maria in “Zerfliβe, mein Herze” (Passione secondo S.Giovanni), dove la opaca tonalità di Fa min., assieme al suono “chiuso” dell’Oboe da caccia, contribuiscono all’atmosfera d’intimo dolore.
La vivacità culturale e Musicale dell’ambiente berlinese e in particolare del centro di Mannheim costituiscono il ponte di passaggio dal tardo Barocco allo stile Classico.
Questo periodo intermedio, che va più o meno dal 1730/40 al 1770/80, offre un quadro particolarmente ricco di figure ed elementi interessanti secondo tre percorsi principali: l’agile e brillante “Stile Galante” (rappresentato da Johann Cristian Bach); il più intenso “Stile Sensibile” (il cui principale esponente sarà Carl Philipp Emmanuel Bach); il tardo Barocco dai tratti maggiormente legati alla tradizione ed alla conservazione (come in diversi compositori dell’ambiente berlinese).
Mannheim diviene un centro Musicale prestigioso, mantenendo un ruolo dominante fino a fine secolo.
Vi giungono musicisti da tutta Europa e la città diviene in questo modo fucina di nuove esperienze stilistiche.
Sotto la guida di Johann Stamitz l’Orchestra di Mannheim diventò famosa in tutta Europa per i suoi virtuosismi, per la sua strutturazione organica ben definita (con un numero identico di Violini I e Violini II) per la sua fino ad allora sconosciuta estensione dinamica che spaziava dai più delicati “pianissimo” ai più sonori “fortissimo” e per il suono penetrante dei suoi crescendo.
A Mannheim il Flauto, insieme agli altri Fiati, acquisterà una sua particolare dignità, anche nell’ambito dell’Orchestra, nella quale gli Strumenti a fiato sostengono, colmano e animano la sezione degli Archi, mentre la presenza a corte di numerosi virtuosi contribuirà alla fiorente stesura di un patrimonio solistico dai nuovi tratti.

Storia del flauto - le origini

dalla tesi di
Luca Lombardi
La parabola evolutiva del flauto nella letteratura orchestrale
Flauto (indirizzo orchestrale) - diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone
Il Flauto è uno degli Strumenti Musicali più antichi usati dall’uomo.
Sia i Sumeri che gli Egizi suonavano Flauti diritti.
Gli Strumenti egiziani più antichi risalgono al III millennio a.c. e raffigurazioni di Flauti obliqui (una specie di Flauti diritti suonati appunto diagonalmente) compaiono nei bassorilievi di alcune tombe della V dinastia (2600 a.c.).
Inoltre in quasi tutto il mondo antico esistevano Flauti globulari (costituiti da un recipiente chiuso di forma ovoidale, in origine gusci di cocco o di zucca, presenti in Egitto, Cina, America e in Ungheria dall’età del bronzo), Whistle Flutes (Flauti ad imboccatura indiretta, insufflati attraverso uno stretto canale ottenuto tappando parzialmente la sommità della canna con una zeppa) e Flauti di Pan (composti da una serie di tubi di differente lunghezza per ottenere suoni di altezze diverse, diffusi in Estremo Oriente, Sud America, Grecia e Italia a partire dal VI secolo a.c.).
Probabilmente Flauti derivati dalle ossa degli animali erano stati usati ancor prima, fin dal Paleolitico.
Per quanto riguarda invece espressamente il Flauto traverso, le sue origini vanno ricercate probabilmente nell’Asia Centrale, mentre la prima testimonianza scritta della sua esistenza si trova in un libro di poesia Cinese, il SHE KING, risalente al IX secolo a.c. nel quale viene citato il CH’IH, poi descritto nelle fonti medievali come un Flauto con un foro d’imboccatura e quindi traverso.
Il Flauto traverso compare inoltre sui rilievi del tempio di Sanchi in India (I secolo a.c.) e investito di una funzione religiosa è forse il più importante strumento a fiato Indiano.
Infine esistono, sebbene molto raramente, rappresentazioni di Flauti traversi nelle suppellettili del mondo Greco-Romano.
Tra queste testimonianze vanno ricordate:
- una statuetta con un suonatore di Flauto traverso del periodo Greco-Romano in Egitto;
- alcuni resti di uno strumento romano ricavato da ossa di animali ora a Lipsia;
- due resti in scavi Etruschi risalenti al III e al II secolo a.c. quest’ultimo, noto come “urna del Flautista” (Perugia, Sepolcro dei Volumni) in quanto lo scultore ha rappresentato in rilievo la testa di un musicista che suona un Flauto traverso, costituisce la più antica rappresentazione del Flauto traverso.
Queste informazioni frammentarie non ci permettono comunque una completa conoscenza della modalità di diffusione dello strumento nel mondo antico, in particolare in Europa. Inoltre il Flauto traverso scompare dalle opere d’arte dell’occidente dopo la caduta dell’Impero Romano e comincerà a riapparire in Europa solo nel X e XI secolo.
Visto tale enorme intervallo di tempo, l’ipotesi più probabile è che lo strumento sia stato reintrodotto in Europa attraverso la Germania da Bisanzio, e non dall’Etruria o da Roma.
Infatti il Flauto traverso appare in molti oggetti artistici Bizantini del X e XI secolo quali manoscritti, affreschi e cofanetti d’avorio, mentre le prime rappresentazioni Europee provengono dai paesi Tedeschi.
Le prime fonti sicure sull’uso effettivo del Flauto traverso nella Musica occidentale sono offerte dalle miniature del manoscritto “Manesse”, pregevole raccolta di canti Minnesanger risalente agli inizi del XIV secolo.
Durante il XIV secolo lo strumento cominciò a fare la sua comparsa anche nei paesi dell’area non tedesca, come si può dedurre da uno dei manoscritti più riccamente illustrati delle “Cantigas de Santa Maria”, l’antologia di canti monodici eseguiti alla corte di Re Alfonso X, risalente alla fine del XIII o inizi del XIV secolo e da alcuni manoscritti di area Francese, dello stesso periodo, quali “Il Breviario Belleville” e il “Libro delle Ore”.
A partire dalla fine del XV e lungo tutto il XVI secolo, i Flauti traversi compaiono frequentemente in diversi dipinti nell’Europa Occidentale e sono elencati e descritti da parecchie fonti scritte, sia letterarie che Musicali.
Evidentemente si erano affermati quali facenti parte dello strumentario per le esecuzioni di corte di ogni genere. Ben poco si sa sulla costruzione del Flauto traverso medievale, o ad esempio sulle misure o sull’intonazione.
Ma da quanto si può dedurre dalle fonti iconografiche il Flauto precedente al 1500 era all’incirca simile a quello del XVI secolo cioè consisteva in un semplice tubo cilindrico in un solo pezzo, con un foro per l’immissione e sei fori per le dita, in alcuni casi raggruppati a tre a tre.
I Flauti traversi sono inoltre descritti e disegnati in numerosi trattati dell’epoca, come nel “Musica Getutscht und ausgezogen” di Sebastian Virdung o nel trattato “Musica Istrumentalis Deudsch” di Martin Agricola, dove viene introdotto per la prima volta il concetto di vibrato quale indicazione di prassi esecutiva atto a valorizzare meglio le caratteristiche dello strumento.
La crescente popolarità del Flauto traverso contribuì anche al suo sviluppo tecnico-costruttivo portando alla creazione di numerosi modelli di Flauto creati appositamente per soddisfare le varie esigenze Musicali.
Se durante il Rinascimento il Flauto era ormai usato comunemente nella Musica di corte all’interno di piccoli ensemble fu nel periodo Barocco che divenne parte integrante dell’Orchestra.

domenica 16 marzo 2008

Audiografia (A-B)

Questa audiografia vuole essere una traccia dei lavori che ritengo più rappresentativi della musica rock. Come in ogni lista, alcune opere di valore possono essere state escluse. Gli album sono affiancati dall'anno di pubblicazione, mentre i singoli brani sono in corsivo.

AA.VV.
Woodstock 1969
No New York 1979

Allman Brothers
Live At Fillmore East 1971
Eat A Peach 1972

Amon Düül
Phallus Dei 1969
Yeti 1970
Tanz Der Lemminge 1971

Animals
House Of The Rising Sun

Autechre
Incunabula 1993

Band
Music From Big Pink 1968
Band II 1969

Bark psychosis
Hex 1994

Syd Barrett
Barrett
1970

Beach boys
California Girls
Barbara Ann
Good Vibrations
Pet Sounds 1966

Beatles
Revolver 1966
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club 1967
The Beatles noto come White Album 1968

Chuck Berry
Maybellene
Johnny B. Goode
Memphis Tennessee

Big Black
Atomizer 1986

Bitch Magnet
Umber 1989

Black Heart Procession
2 1999

Black Sabbath
Paranoid
1971

Black Tape for a Blue Girl
Remnants Of A Deeper Purity 1996

Blind Faith
Blind Faith 1969

Blind Idiot God
Blind Idiot God 1987

David Bowie
Heroes 1977

James Brown
Out Of Sight
I Got The Feelin'
Sex Machine

Jack Bruce
A Song for a Tailor 1969
Things We Like 1970

Tim Buckley
Lorca 1970
Starsailor 1970

Eric Burdon
The Twain Shall Meet 1968

Butthole Surfers
Psychic Powerless 1985

Byrds
Younger Than Yesterday 1967


venerdì 14 marzo 2008

Storicità del rock


dalla tesi di
Francesco Licciardi
Storia ed Estetica della Musica 1
diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone

Colonialismo e Schiavitù Nera
Nei primi decenni del XVI secolo, cominciò la conquista da parte dei coloni, di vasti territori americani, dello sfruttamento dei loro fertili terreni e delle ricche miniere d’oro e d’argento.
Non potendo contare sulla manodopera locale(gli indios, originari abitanti di quelle terre, non riuscivano a portare avanti l’estenuante lavoro della terra e l’estrazione dei metalli), iniziò quella che divenne la più grande tratta di schiavi neri d’Africa.
Tali schiavi svolgevano i lavori più duri, senza avere alcun tipo di diritto.
Nonostante vivessero una vita di orrori, privazioni e sacrifici, la riproduzione portò il numero degli schiavi ad aumentare, costituendo nel 1700 più del 30% della popolazione totale.
Nell’ultimo decennio del 1700 lo sviluppo del cosiddetto regno di cotone, portò l’impiego degli schiavi nei lavori di campo, nella coltivazione del tabacco oltre che del cotone.

Gli Schiavi e la Musica
La propensione naturale dei neri per la musica, venne in questo periodo maggiormente incrementata dall’egemonia cristiana dei missionari, che convertirono ed educarono religiosamente i neri. Il canto e la musica scandivano la loro vita di agricoltori, facendogli soppor-tare la fatica e la sofferenza, così come la loro vita religiosa nelle chiese, fomentando la speranza del paradiso.
Il canto dei neri, fondeva la parte melodica dei canti europei ai ritmi sincopati degli africani, poggiandosi su testi presi dal vangelo, ma attualizzati alla loro vita di schiavi (spiritual song). Si differenziava però dai canoni occidentali per i suoni emessi dai cantanti (per la maggior parte diversi dai registri conosciuti dai bianchi), perché era un fenomeno collettivo e perché pur essendo un gruppo, esisteva comunque un leader che dava vita al call-and response (i versi venivano ripetuti dal coro), inoltre i cantanti improvvisavano facendo si che il canto non si ripetesse sempre nello stesso modo, infine il canto non veniva accompagnato da strumenti ma dal battito delle mani (clapping).

Nascita della Old-Time Music, dell'Hillbilly e del Country
Nella colonizzazione del Nord America, alla fine del XVII secolo, pionieri emigrati dall’Europa, provenienti prevalentemente dalle isole Britanniche, soprattutto Inglesi, ma anche Scozzesi e Irlandesi, si stanziarono nella zona dei monti Appalachi meridionali, dando vita a piccole comunità rurali, basate su un’economia agricola di piccola scala (spesso sufficiente solo a soddisfare i bisogni dei coltivatori stessi) e su un’organizzazione sociale ancorata alle tradizioni proprie delle genti che la costituivano, rimanendo isolate e indipendenti rispetto ai grandi centri industriali ed urbani, almeno fino al XIX secolo inoltrato.
La musica folk americana bianca, nasceva proprio da queste comunità.
Gli strumenti musicali più importanti erano il violino chiamato fidlle, suonato in modo rozzo e ritmico, il tamburo a cornice, la cornamusa.
La musica di derivazione inglese e celtica svolgeva principalmente tre funzioni: sociale, di comunicazione, religiosa.
La tradizione della old-time music fondeva la riproduzione e rielaborazione di antiche ballate e songs inglesi (inizialmente eseguite ad una voce sola poi arricchite da uno o più strumenti), con la musica popolare per violini (fiddle), dando vita a melodie e danza chiamate fiddle tunes.
Dalla seconda metà del XIX secolo, soprattutto dopo l’abolizione della schiavitù e l’emancipazione dei neri, la cultura musicale di queste comunità subì l’influenza della cultura afro, degli spettacoli iteneranti (ministrel show) e l’incremento di nuovi strumenti quali il banjio e la chitarra (che affiancati al violino popolare e alle vecchie tradizioni vocali, diedero vita alle string bands).
Il declino della old-time music avvenne con l’avvento dei mezzi di telecomunicazione e con lo sviluppo della produzione commerciale ed industriale della musica. Tali eventi snaturalizzarono il significato che la musica stessa era per queste comunità, producendone la trasformazione di tale stile nello Hillbilly, termine dispregiativo (da hill/collina, billy/capra), offensivo nei confronti di questa gente, divenendo anticamera della country music, genere musicale composta da molti filoni artistici, tra i quali principalmente il Bluegrass (caratterizzato da veloci assoli di mandolino, banjo e violino) e la Western music (caratterizzata da tradizionali ballate).

martedì 11 marzo 2008

Elvis Presley


dalla tesi di
Francesco Licciardi
Storia ed Estetica della Musica 1
diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone

Elvis Aron Presley nasce a Tupelo, Mississipi, l'8 gennaio 1935.
Nel 1948 la famiglia Presley decide di spostarsi a Memphis, nello stato del Tennessee, dove Elvis si fa notare subito per il suo anticonformismo, a cominciare dai capelli ritenuti lunghi rispetto allo standard del tempo e scolpiti con la "brillantina".
Nell'estate del 1953 si reca alla "Memphis Recording Service", sede dell'etichetta "Sun", per incidere le canzoni "My Happiness" e "That's when your heartaches begin" per fare un regalo di compleanno alla madre Gladys.
Nel gennaio 1954 Elvis incide un'altra demo presso la "Sun" e in quell'occasione è presente il proprietario Sam Phillips che rimane molto colpito dal suo stile. In estate Sam Phillips decide di chiamare Elvis alla "Sun Studio" per provare ad incidere una canzone insieme a due musicisti locali: Scooty Moore, chitarrista; e Bill Black, bassista. Elvis e i suoi musicisti intonano una versione accelerata di "That's all Right" che, con "Blue moon of Kentucky", diviene la prima di cinque singoli che Elvis realizzerà con l'etichetta della "Sun Records". Il gruppo inizia ad esibirsi in vari luoghi, come piccoli club, raggiungendo un discreto successo e il 16 ottobre partecipa per la prima volta al "Lousiana Hayride", uno show radiofonico di musica country, trasmesso dalla KWKH Radio. In questo periodo Elvis incontra TOM PARKER, detto "Il Colonnello" che diventerà il suo manager.
Il 20 novembre 1955 Elvis firma il suo primo contratto con la "RCA Records". E' il Colonnello Parker a negoziare la vendita del contratto tra la "Sun" e la "RCA", che include i primi cinque singoli incisi e tanto altro materiale. Il prezzo della transazione è senza precedenti: 40.000 $, con un bonus di 5.000$ per Elvis. La "RCA" riproduce anche i cinque singoli incisi con l'etichetta "Sun".
Il 10 gennaio 1956 Elvis registra la sua prima sessione per la RCA nello studio di Nashville. Tra le canzoni di questa session c'è la famosissima "Heartbreak Hotel" che venderà più di 300.000 copie solo nelle prime 3 settimane.
La prima apparizione televisiva di Elvis è allo "Stage Show", a cui ne seguiranno altre cinque nelle settimane successive. Nel marzo 1956 la RCA lancia il primo album di Elvis, dal titolo "Elvis Presley", che raggiunge in breve tempo il primo posto nella Billboard's pop album chart per dieci settimane e vende oltre un milione di copie.
Il 5 giugno Elvis si esibisce al "Milton Berle Show" e in quell'occasione propone la canzone "Hound dog" in una versione a dir poco sensuale, definita poi dalla stampa scabrosa e volgare, che fa giungere alla redazione dello show milioni di lettere di critiche. Lo show di Milton Berle all'epoca era seguito come uno show per le famiglie e l'esibizione di Elvis aveva prodotto un vero scandalo, ma contribuì comunque ad accrescere ancora di più la sua popolarità! Mentre le comunità religiose e la moralità borghese lo condannavano, i giovani lo amavano sempre di più!
Il 1 luglio Elvis si esibisce allo "Steve Allen Show" sulla NBC. Per riscattarlo dallo scandalo dell'apparizione al "Milton Berle Show", gli viene fatto indossare un frac con le code e cantare "Hound dog" alla presenza di un cane basset hound.
Nell'agosto Elvis inizia a girare il suo primo film "Love Me Tender" e il mese dopo fa la sua prima apparizione all' "Ed Sullivan Show", il programma televisivo più seguito del tempo, riscuotendo un successo strepitoso!
Il miscuglio di musica country e gospel, black R&B, pop music, il suo carisma e il suo talento hanno dato inizio ad un cambiamento sia nella musica che nella società americana.
All'inizio del 1957 Elvis fa la sua terza apparizione all'"Ed Sullivan Show" e fu in questa occasione, date le controversie che ormai infiammavano la sua figura, che il mondo vide Elvis "censurato", ossia lo potè vedere in video solo dalla cintura in su.
Nel marzo del 1958 Elvis parte per il servizio militare.
Al suo ritorno non sarà più lo stesso. Lascerà i concerti per dedicarsi quasi esclusivamente al cinema.

domenica 9 marzo 2008

Lester Bangs

(dalla prefazione di Wu Ming1
e dall’introduzione di Greil Marcus
al libro “Guida ragionevole al frastuono più atroce”)

Leslie Conway Bangs detto "Lester", nato a Escondido nel 1948 e morto nel 1982 (si dice a causa del Darvon, un tranquillante), è considerato uno dei padri della critica rock militante, una tendenza che rivoluzionò il mondo della critica musicale quando fece la sua comparsa alla fine degli anni Sessanta tra New York e Detroit e imperversò negli anni Settanta. Lo stile di Lester era influenzato dalla Beat Generation, Kerouac e Burroughs. Uno stile diretto, disinibito, dissacrante che in breve gli aprì le porte del Rolling Stone, sulle cui pagine pubblicò come primo pezzo il necrologio di Jack Kerouac e circa 150 recensioni tra il 1969 e il 1973.
Ma quel posto gli stava stretto: Lester, con i suoi ripetuti attacchi al "mercato del rock" e l’esaltazione della propria idea di un rock’n’roll democratico, comunitario e assolutamente non pretenzioso, era un personaggio scomodo per una rivista che nell’"industria" musicale trovava la sua ragion d'essere. Nel 1973 venne cacciato dal direttore "per mancanza di rispetto nei confronti dei musicisti", mentre sarà poi richiamato dal caposervizio delle recensioni nel 1979.
La cacciata dal Rolling Stone lo portò a Detroit, dove dette il via all’intensa collaborazione con la rivista Creem, famosa per la sua critica feroce nei confronti della cultura capitalistica americana, in cui Lester trovò il luogo adatto per pubblicare i suoi pezzi più impopolari, polemici, controcorrente. Tra il 1970 e il 1976 scrisse più di 170 recensioni, settanta servizi speciali, oltre a un infinito numero di risposte alle lettere dei lettori. In quegli anni impose parole come "punk rock" ed "heavy metal", per descrivere le correnti più sotterranee e ribelli dell’ormai troppo commerciale rock; correnti che tra il 1976 e il 1977 uscirono allo scoperto con i Ramones e i Clash, gruppi che Lester esaltò come il massimo esempio di "antidivismo" ed estetica trash. Da allora Lester iniziò ad essere molto stimato nel mondo del rock, incarnandone tutti gli aspetti all’estremo: sesso, droga, alcool ed eccessi di ogni tipo.
Nel 1976 si trasferì a New York dove c'era un ambiente musicale formato da gruppi come i Ramones, i Television o il Patti Smith Group. Andava i giro per i locali di Manhattan a scovare gruppi emergenti; divenne leader di un paio di gruppi blues, scrivendo testi e suonando l’armonica, e incise anche un album nel 1981 a nome di Lester Bangs and the Delinquents. Sempre nel 1981 mise insieme una raccolta di pezzi editi sul rock, "Psychotic Reactions and Carburetor Dung", pubblicata postuma nel 1987 a cura di Greil Marcus e tradotta da minimum fax con il titolo "Guida ragionevole al frastuono più atroce".
Ben presto a New York iniziò ad avvertirsi la grande crisi del rock e in Lester Bangs qualcosa cambiò. Da Creem passò al Village Voice e a una serie di riviste minori, fanzine sconosciute, sulle quali pubblicava articoli su qualsiasi argomento: nuove tendenze musicali, femminismo, fenomeni del costume e dell’attualità americana.
Ma il vero cambiamento stava avvenendo dentro di lui: era finita l’epoca del "maledettismo" ed era iniziato un processo di "normalizzazione forzata". Lester decise di disintossicarsi, di cambiare vita e modo di guardare alla vita: niente più nichilismo ed esaltazione della morte, affermazioni che lo fecero additare persino come un moralista. Pensò anche di lasciare il rock e di iniziare a scrivere un romanzo. Morì prima di mettere in pratica i suoi nuovi propositi.
Dopo la morte, e in particolare con l’uscita e il grande successo di Psychotic Reactions and Carburetor Dung (Guida ragionevole al frastuono più atroce), Lester Bangs è diventato una sorta di icona della controcultura, consacrato fra l’altro dal film di Cameron Crowe "Almost Famous" e dalla biografia "Let It Blurt" scritta da Jim DeRogatis. Una seconda antologia dei suoi scritti, Mainlines, Blood Feasts and Bad Taste (Deliri, desideri e distorsioni), è stata pubblicata da minimum fax nel 2006. http://www.minimumfax.com/persona.asp?personaID=379

sabato 8 marzo 2008

Spiritual e Gospel

Gli Spiritual sono le prime forme espressive religiose egli schiavi africani a partire dal XIX secolo. Originariamente si chiamavano Spiritual gli inni sacri dei coloni metodisti del New England.
Lo Spiritual era una musica monofonica e a
cappella dove un leader pronunciava ad alta voce una frase, generalmente tratta dalle Sacre Scritture, mentre il coro la ripeteva subito dopo, riproducendo la stessa intonazione e le medesime inflessioni della voce guida.
Nei canti, i testi riguardanti l' Esodo erano una metafora della libertà dalla schiavitù.
Negli anni Trenta, a una fase di sviluppo della musica sacra, che era stata essenzialmente rurale , segue un momento di elaborazione essenzialmente urbana.

Il pianista e compositore Tom A. Dorsey fece una sintesi dei generi sacri nero-americani fondendo il sacro (spirituals e inni) e il profano (blues e jazz) creando un nuovo genere: il Gospel. Negli anni Venti i musicisti gospel spesso erano predicatori che si spostavano in diverse parrocchie creando uno stile che accostava temi religiosi tradizionali con le tecniche del blues e del boogie woogie e introducendo gli strumenti musicali nelle chiese..

mercoledì 5 marzo 2008

Edgar Varèse

Edgar Varèse (Parigi, 1883 - New York, 1965) è un compositore francese naturalizzato statunitense. Si dedicò alla musica dopo avere interrotto i suoi studi scientifici. Negli Stati Uniti si allontana progressivamente dagli ambienti musicali per entrare in contatto con scienziati, tecnici e inventori, grazie al lavoro dei quali abbandona le basi tradizionali della musica.
Fu uno dei pionieri della musica elettronica con Poème Electronique (1957-58) composto per il padiglione Philips in occasione Exposition Universelle di Bruxelles del 1958.
Una delle sue composizioni più rappresentative e innovative è Ionisation (1929/31), un brano di sei minuti basato ispirato dal traffico nelle strade di New York. Presenta un organico composto da 41 strumenti a percussione divisi tra membranofoni, metallofoni, idiofoni a frizione, a scuotimento, sirene e un pianoforte utilizzato soltanto per produrre cluster nel registro grave. Il brano è formato da brevi combinazioni ritmiche (Idee Fixes) e da episodi costruiti su contrasti ritmico-timbrici.

martedì 4 marzo 2008

Cronologia della musica rock (dallo sbarco dei padri pellegrini alla prima guerra mondiale)

1620 Con la nave Mayflower sbarcano in America i Padri Pellegrini, cittadini inglesi di religione puritana.

1624 Sulla punta sud dell'isola di Manhattan si forma una colonia di olandesi col nome di Nieuw Amsterdam. Nel 1664 questo insediamento fu conquistato dagli inglesi, che ne cambiarono il nome in New York.

1718 New Orleans viene fondata dai francesi.

1762 New Orleans colonia spagnola.

1776 4 luglio Dichiarazione di Indipendenza.

1777 Il Vermont è primo Stato ad abolire la schiavitù.

1778 La Virginia proibisce l’importazione degli schiavi.

1783 L’Inghilterra riconosce l’indipendenza americana.

1787 Ordinanza che vieta l’espansione della schiavitù nel nord-west.

1791 Carta dei Diritti.

1796 Rivolta degli schiavi a Santo Domingo.

1800 Napoleone ottiene tutta la Louisiana.

1803 La Francia vende la Lousiana (con New Orleans) agli USA.

1808 Il Congresso U.S.A. abolisce la tratta degli schiavi, sono permesse le vendite solo fra stato e stato.

1830 Abolizione della schiavitù negli stati del Nord.

1852 Pubblicazione de “La Capanna dello Zio Tom”.

1853 Ammutinamento degli schiavi neri a bordo della nave spagnola Amistad.

1860 In dicembre seccessione della Carolina del Sud, seguita da altri 11 stati schiavisti.

1861 In aprile, i sudisti bombardano la guarnigione federale di Fort Sumter ( South Carolina). È l’inizio della guerra civile. - Unità d'Italia.

1863 Gli Stati Uniti aboliscono la schiavitù.

1865 9 aprile fine della guerra di secessione. - XIII emendamento della costituzione degli U.S.A. (abolizione della schiavitù).

1870 In Italia la breccia di Porta Pia.

1874 Nascono Charles Ives e Arnold Schonberg.

1888 “Variations on America” di Charles Ives è la prima composizione che fa uso della politonalità.

1892 La popular music diviene un grande business. A New York gli editori di musica affittano uffici vicino a Broadway in un'area che verrà chiamata "Tin Pan Alley" dove iniziano a produrre la cosidetta "sheet music".

1894 Il chitarrista hawaiano Joseph Kekeku inventa la chitarra slide.

1906 Thaddeus Cadhill costruisce il primo strumento elettronico.

1907 Ferruccio Busoni pubblica a Trieste "Entwurf einer neuen Aesthetic der Tonkunst" ("Abbozzo di una nuova estetica della musica"), nella quale prevede l'uso in musica di suoni dissonanti ed elettrici.

1912 Arnold Schonberg scrive “Pierrot Lunaire”. - Viene fondata la Societa' Americana per i Compositori (American Society for Composers - ASCAP) a tutela dei diritti d'autore. - Vengono pubblicati i primi blues: Dallas Blues di Hart Wand e Memphis Blues di W.C. Handy.

1913 Prima rappresentazione della “Sagra della Primavera” di Igor Stravinskiy a Parigi. - Il pittore futurista Luigi Russolo pubblica "L'Arte dei Rumori", dove indica il rumore come il suono della nuova musica.

1914 Il compositore newyorkese Jerome Kern inizia a produrre spettacoli ispirati a vicende contemporanee integrando musica, teatro e balletto: il Musical.

1915 Inizio della prima guerra mondiale. Gli U.S.A. vi parteciperanno con 404.348 soldati e 1353 ufficiali negri.

Il Blues

dalla tesi di
Francesco Marino

Storia ed Estetica della Musica 1
diploma accademico di II livello
Conservatorio "L. Refice" di Frosinone

Il Blues è un genere vocale e strumentale afro-americano nato dalla fusione di elementi musicali della tradizione nera con tratti di quella occidentale sviluppatosi negli ultimi decenni del XIX secolo. Il termine Blues deriva dalla locuzione “to feel blue” letteralmente sentirsi blu, ovvero esser malinconico. Il Blues era costituito da canti che traevano origine dalle work songs (di “hollers” e “arhoolies”, i neri che raccoglievano cotone e grano), canzoni di lavoro degli chiavi neri degli stati meridionali, in particolare dell’area del Mississippi, che intonavano songs di velata malinconia desunta quest’ultima anche dai testi. . I “work song” erano sincronizzati con il ritmo del lavoro, in cui venivano inseriti versi religiosi, e brevi allusioni alla condizione di schiavitù. Il canto nero presentava fin dall'inizio diverse anomalie rispetto ai canoni occidentali:
- I suoni emessi dai cantanti appartenevano a una varieta` di registri sconosciuta ai bianchi;
- il canto si svolgeva come un fenomeno collettivo, richiedeva la partecipazione e l'interazione di tutti attraverso il “call and response”, una pratica africana nota anche in molte altre musiche rituali dove il leader intona una frase alla quale un coro risponde con una frase analoga;
- l'ingrediente fondamentale era costituito dalla spontanea improvvisazione dei cantanti con canti mai ripetuti due volte nello stesso modo;
- Il canto non era accompagnato da alcuna strumentazione, soltanto dal battito di mani ("clapping").
I temi adottati nel testo sono attinti dalla vita quotidiana nuda e cruda, racconta senza pudore in poche parole. il blues non conosce l’idealismo dei bianchi: l’amore è sesso, non innamoramento, è un fatto fisico, che non rimanda a stati mentali (nostalgia, malinconia); la morte è fine della vita, non passaggio ad una vita nell’aldilà; la mitologia del bluesman è fatta di carceri e treni, campi e bar, strade polverose e paesi cadenti; è esistenziale perché è concepito per evocare uno stato d’animo, che è contemporaneamente esultante e afflitto, con storie costruite su quei temi della morte e dell’amore che sono tipici prodotti della civiltà sudista (portati al massimo splendore da scrittori come Faulkner). Temi nuovi si aggiungevano nel frattempo a quelli classici dell’amore, del lavoro e della morte. I più sfruttati erano: il treno (il mezzo che porta da una città all'altra e ha il sapore dolce-amaro della libertà), il carcere (il destino ineluttabile di tutti i poveri), la violenza (pane quotidiano degli emarginati), l’alcoolismo (il male volontario come sfida alla vita o come castigo perpetuo), e, in generale, la vita nel ghetto. Il testo non era più aperto, ma si chiudeva attorno a un fatto o a una metafora. Non era più un amalgama di citazioni. Il blues tendeva ad appartenere sempre meno alla tradizione e sempre più al suo autore.
Il blues è musica sociale, perché rappresenta un proletariato rurale depresso e rassegnato; secoli di oppressione fanno sì che il bluesman faccia ricorso all’artificio del “double talk”, il doppio senso, che ai bianchi ha sempre dato un’impressione di ambiguità e di sarcasmo. È una forma di codice cifrato, mediante il quale il nero si diverte a scambiare con i suoi “complici” messaggi che si suppongono proibiti dalla società bianca.
Il blues nasce dall’adattamento della scala musicale africana, fatta di cinque note, con quella occidentale costituita di sette suoni. L’indeterminazione del modo maggiore e minore è la principale caratteristica della blue notes che si ottiene con i gradi III e IV della scala maggiore abbassati di un semitono o di un microtono inferiore. Iblues ebbe già dall’inizio nel secolo XX uno schema formale prestabilito: 12 misure basate armonicamente su accordi di tonica, sottodominante e dominante (I, IV e V grado) con strofe su tre versi di cui il primo ripetuto, distribuite, musicalmente, in quattro battute ciascuno. Poiché ai suoi albori, ed in seguito, il Blues è di carattere improvvisatorio, non solo sotto l’aspetto esecutivo ma anche testuale, la struttura strofica che prevalse fu quella AAB.
Il blues rimaneva comunque una musica ad uso e consumo dei soli neri ma, il movimento demografico causato dal boom economico di diverse regioni che interessò anche la gente di colore, contribui` a diffondere il genere in tutta la Nazione. Si diffuse così una figura di moderno trovatore nero, il “songster”, il cantante-chitarrista itinerante. È suo il merito storico di aver adattato gli holler alla struttura della ballata. Quando, dopo l’emancipazione, venne a mancare il luogo di raccolta (piantagione o chiesa) in cui comunicare il proprio malessere agli altri, il nero inventò un interlocutore virtuale nella chitarra. La chitarra era lo strumento ideale per una musica che doveva soprattutto “raccontare”. Solo l’armonica poteva competere col potere comunicativo della chitarra.
Per la popolazione di colore vita sociale e vita musicale sono sempre state intimamente legate. Più che di “stili” musicali si deve perciò parlare di “pratiche” musicali che agli albori del nuovo secolo queste erano di tre tipi: Domestico (Riempivano il tempo delle gite o delle feste, nelle baracche o all’aperto, con il tema predominante del sesso); Lavoro (dopo l’emancipazione e l’emigrazione i canti di lavoro del nero contemplano attività più varie); Religioso. Quest’ultimo interessantissimo in quanto tratta di cerimonie, pagane nello spirito anche se cristiane nelle preghiere, che univano al canto corale, uno spasmodico bisogno di movimento, e quindi danze rituali con contorsioni “indecenti”. Il fervore mistico era proporzionale all’intensità e alla velocità del ritmo, scandito battendo le mani e i piedi. Le melodie conservano ancora il loro carattere fondamentalmente antifonale. Non ci sono dubbi che lo scopo sociale del blues fosse innanzitutto quello di comunicare; l’iterazione strofica serviva a ribadire il concetto, la progressione armonica incitava a una partecipazione emotiva, la fascia di tolleranza tonale e ritmica suggeriva diversi modi di esecuzione. Tutti i grandi bluesman esercitarono lavori umili, anzi umilissimi senza eccezioni. Gli unici neri che passavano la vita interamente a suonare erano i mutilati e i ciechi, che dovevano guadagnarsi da vivere in questo modo. Spesso il musicista invalido si faceva accompagnare da un ragazzino che finiva per diventare suo allievo. Gran parte delle conquiste tecniche di questo genere vennero tramandata così.
Alla fine dell'Ottocento il folk nero si diffondeva principalmente grazie ai “medicine show”, i carri ambulanti corrispondenti alle moderne compagnie di varietà. In origine questi carri appartenevano a “dottori” che giravano le zone rurali interne per vendere le loro “medicine” (spesso soltanto alcool). Questi “doctor”, per attrarre un po’ di pubblico, obbligavano i propri apprendisti (quasi sempre di colore) a esibirsi in canzoni e balli. Con il passare del tempo i “medicine show” divennero delle vere e proprie carovane di troupe di musicisti, maghi, acrobati e ballerini.
I primi brani pubblicati furono Dallas Blues di H.A. Wand e Memphis Blues di W.C. Handy entrambi editi nel 1912 costituendo di fatto, oltre che alla diffusione commerciale del Blues, quel processo di cristallizzazione durato oltre un cinquantennio, con inizio con l’abolizione della schiavitù.
La storia del Blues è connessa con le vicende socio-politiche dei neri statunitensi con differente funzione che il Blues singer (cantante di Blues) venne ad assumere nei differenti contesti sociali ed economici.
Distingueremo, pertanto, il country Blues (di estrazione rurale) dal city blues (urbano), più esposto, quest’ultimo, alle oscillazioni del mercato dello spettacolo.
La ricostruzione della storia del blues è legata, come tutte le manifestazioni di cultura orale, all’incisione su nastro o su disco delle fonti.

Tin Pan Alley

Alla fine dell’800 la popular music divenne un grande business e gli editori musicali americani si concentrano a New York in una zona vicino Broadway, dove erano situati molti teatri che allestivano musical. Quest’area è stata in seguito nominata “Tin Pan Alley”, cioè “viale delle padelle di latta”. Questa denominazione indica il caotico insieme di suoni che provenivano dai pianoforti (spesso scordati e di scarsa qualità) suonati dai cosiddetti song pluggers, musicisti utilizzati per far ascoltare ai clienti le canzoni scritte sugli sheets (fogli con musica stampata) di proprietà degli editori, o per convincere gli impresari delle compagnie teatrali all’acquisto. All’epoca i teatri erano il principale mezzo per far conoscere una canzone che, se aveva successo, veniva comprata dal grande pubblico. Uno dei più famosi song plugger fu George Gershwin, che iniziò la sua carriera suonando per la casa editrice Remick.
Nel 1914 il successo economico dell’industria legata alla popular music fece nascere la ASCAP (American Society of Composers, Authors and Publishers), in difesa dei diritti di proprietà delle canzoni.
Ancora oggi con il termine Tin Pan Alley si indica l'industria dell’editoria musicale americana e quel periodo della canzone popolare americana a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

domenica 2 marzo 2008

Robert Johnson

Robert Johnson è l’archetipo del bluesman vagabondo, inquieto, sensuale, paranoico, votato all’auto-distruzione.
Nato del Mississippi nel 1911 o 1912, imparò direttamente dai maestri del Delta, Skip James, Charley Patton e Son House.
Nel novembre 1936 e nel maggio 1937 il venticinquenne Johnson realizzò tutta la sua produzione discografica, neppure trenta canzoni, fra le quali spiccano classici come Cross Road Blues, Love In Vain, Sweet Home Chicago, Me and the Devil Blues, Dust My Broom.
Un anno dopo moriva, forse avvelenato da un marito geloso, ed entrava nella leggenda del blues.
Per ulteriori informazioni vedi

Alan Lomax

Alan Lomax è nato a Austin, Texas, nel 1915. Già nel 1933 assisteva il padre John, autore della raccolta Cowboy Songs and Other Frontier Ballads, un testo del 1910 di grande rilievo per il cosiddetto singing cowboy e per la pratica della musica country negli Stati Uniti.
Armati di un ingombrante sistema di registrazione montato su di un camion, padre e figlio avrebbero attraversato per anni tutto il Sud e tutto il Sudest degli Stati Uniti, raccogliendo sul campo preziosi materiali musicali, che altrimenti sarebbero andati perduti.
Oltre a registrare brani musicali, Alan Lomax intervistava i musicisti, evitando di limitarsi alla sola descrizione dei materiali musicali, ma investigando le vite pubbliche e private, il contesto storico e sociale, i costumi di altre epoche.
Nel 1934, assieme al padre, Lomax pubblica American Ballads and Folksongs, cui segue, nel 1936, Negro Folk Songs as Sung by Leadbelly.

Theremin

Il Theremin è stato inventato dal fisico russo Lev Termen (in seguito anglicizzato in Theremin) intorno al 1920 e può essere considerato uno dei primi strumenti musicali elettronici.
La sua principale particolarità è che si suona senza toccarlo. È composto da due antenne poste sopra e a lato di un contenitore nel quale è alloggiata l’elettronica. Il controllo avviene allontanando e avvicinando le mani alle antenne; mediante quella superiore si controlla l’altezza del suono, mentre con quella laterale si regola l’intensità.
La più grande virtuosa del Theremin fu Clara Rockmore, una violonista russa che, causa una ferita al braccio, dovette interrompere l’attività concertistica dedicandosi al nuovo strumento.