domenica 26 dicembre 2010

Terrina di campagna con cinghiale

Per Natale ho preparato questa terrina servita come antipasto. La ricetta è presa dalla rivista La Cucina Italiana che è stata per me grande fonte di ispirazione, nonché di scuola. Questa ricetta si può preparare comodamente il giorno prima.
ingredienti per la terrina:
polpa di cinghiale g 300; pancetta fresca di maiale g 250; lardo g 220; prosciutto cotto g 150; panna fresca g 100; pistacchi pelati g 40; una bustina di gelatina in polvere; scalogno; prezzemolo; burro.
ingredienti per il pan brioche:
farina per pizza (o tipo 0) g 500; latte g 100; burro g 100; lievito di birra g 25; zucchero g 20; tuorli d'uovo 2; grana grattuggiato; sale.
dosi: 12 persone.
tempo: 120 minuti
calorie: Kcal 558 (KJ 2343) a porzione
esecuzione terrina:
Riducete a cubetti la polpa di cinghiale e la pancetta, poi sistemateli in una ciotola e fateli marinare per una notte con un dito di Cognac. Affettate parte del lardo e, con le fettine, rivestite una terrina (1 litro di capacità), lasciandole ampiamente debordare; riducete a cubetti il resto del lardo Sgocciolate dalla marinata la carne, passatene al tritacarne metà e poi amalgamatela con quella ancora a cubetti, la panna, sale, pepe, il prosciutto cotto a dadini, i pistacchi, mezzo scalogno tritato con un mazzetto di prezzemolo e i cubetti di lardo Pressate il composto nella terrina preparata, copritelo con le fettine di lardo debordanti, chiudete la terrina con il suo coperchio, imburrato, e infornatela a 190 °C per 40' in un bagnomaria bollente. Sfornate quindi la terrina, scoperchiatela e lasciatela raffreddare sotto un peso per farle “fare l’acqua”. Preparate intanto la gelatina con mezzo litro di acqua, 3 cucchiai di Porto e la bustina di polvere. Sgocciolate il liquido dalla terrina, riempitela di gelatina ancora liquida e fatela raffreddare in frigo. Raccogliete in una fondina la gelatina avanzata e fate rapprendere anch’essa in frigo.
esecuzione Pan brioche:
Impastate (possibilmente nell’impastatrice con frusta a gancio) la farina con il lievito sbriciolato, g 80 di burro morbido, i tuorli, il latte, lo zucchero, 2 cucchiai di grana, sale e circa g 120 di acqua. Formate con l’impasto un filoncino, deponetelo in uno stampo a cassetta imburrato (g 20) e lasciatelo lievitare coperto da un canovaccio umido finché sarà raddoppiato di volume, quindi infornatelo a 190 °C per 45'.
presentazione:
Servite la terrina a fette con fettine di pan brioche (volendo anche tostate) e cubetti della gelatina avanzata.

lunedì 22 novembre 2010

L'illusionista - omaggio a Jacques Tati

L'illusionista è un film scritto da Jacques Tati alla fine degli anni '50 sconvolti dall'arrivo del rock'n'roll. Sarebbe dovuto essere il quarto lungometraggio del grande cineasta francese (dopo Giorno di festa, Le vacanze di Monsieur Hulot e Mon Oncle), ma non fu mai realizzato forse perché lo stesso Tati lo riteneva troppo autobiografico. La figlia Sophie Tatischeff, alla quale il lavoro è dedicato, prima di morire individua in Sylvain Chomet la persona giusta per mettere in scena la storia del triste declino del music-hall , spettacolo non più al passo dei tempi, e dei suoi protagonisti. In particolare quella di un illusionista che non riesce più a incantare le platee dei teatri, ma diventa l'eroe di una povera e giovane ragazza scozzese. Nasce così questo film di animazione in cui rivive il personaggio di Tati, disegnato con i suoi lineamenti e presentato con il vero nome del regista francese: Jacques Tatisceff.
La storia è forse un po' troppo malinconica, ma il film è fatto con garbo e grande rispetto per l'arte di Tati con soluzioni registiche decisamente filologiche. Chomet apporta qualche variazione alla sceneggiatura originale come l'ambientazione trasportata da Praga a Edimburgo. Da apprezzare la scelta di alternare alla maggioranza dei disegni fatti a mano quelli in digitale, tecnica usata esclusivamente per gli sfondi e i grandi affreschi.
Titolo originale: L'illusionniste
Paese: Francia, Regno Unito
Anno: 2010
Durata: 90 min
Regia: Sylvain Chomet
Sceneggiatura: Jacques Tati, Sylvain Chomet
Produzione: Django Films Illusionist, Ciné B, France 3 Cinéma

domenica 7 novembre 2010

"Passione", un'occasione perduta

Ieri ho visto il film Passione di John Turturro al cinema Fiamma di Roma. Prima di tutto due parole sul locale. Oltre alla pessima organizzazione, ci sono stati venduti due biglietti relativi a posti laterali situati ben al di fuori dello schermo con una visione pertanto distorta. Inoltre la proiezione è stata costantemente disturbata dal forte rumore del proiettore. Invito a non andare nelle sale cinematografiche tipo questa, interessate solo a vendere più biglietti possibili a scapito della qualità.
Il film vuole raccontare Napoli attraverso la sua musica, progetto sempre interessante anche se poco originale. Il problema è che Turturro non racconta un bel niente, perdendosi in stereotipi da turista americano che trova tutto "molto pittoresco" e inserendo qualche immancabile immagine descrittiva del degrado cittadino per dare la solita nota di colore. Il film è un noioso e stucchevole mix di pubblicità alla Dolce e Gabbana, videoclip musicali e documentari alla History Channel. Se l'intento è quello di presentare la canzone napoletana a chi non la conosce (sopratutto in America), il risultato è ampiamente mancato e il neofita si farà una idea confusa e distorta. Se ricordo bene Turturro nel film parla di una città colorata di suoni. Questo sarebbe stato un'ottimo spunto narrativo, ma Turturro si perde in immagini più adatte a pubblicizzare profumi e biancheria intima.
L'aspetto decisamente interessante del lavoro è invece la riproposizione di alcuni capolavori musicali dal repertorio della canzone napoletana in una veste talvolta inedita e aggiornata. Chi, come me e la maggioranza del pubblico italiano, già conosce questi capolavori ha potuto apprezzare anche le proposte più innovative dove la musica evoca sensi e sentimenti di questa città dalle tante anime e culture. In particolare la versione di Peppe Barra della Tammurriata nera ha strappato l'applauso a scena aperta e da sola vale tutto il film, ma anche gli altri interpreti hanno fornito prove spesso di straordinaria intensità e bellezza. Il film si apre con la voce di Mina e si chiude con quella di Pino Daniele. Oltre il già citato Peppe Barra, vediamo esibirsi Spakka-Neapolis 55, Avion Travel, Misia, Pietra Montecorvino, Massimo Ranieri, Lina Sastri, M’Barka Ben Taleb, Angela Luce, Raiz, Fausto Cigliano, Fiorello, Fiorenza Calogero e Enzo Avitabile.

mercoledì 3 novembre 2010

Cristiani in Iraq

Il recente massacro avvenuto a Baghdad nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza ripropone il dramma dei cristiani in Iraq che, dopo la guerra voluta da Bush, vengono sistematicamente perseguitati e uccisi da fanatici religiosi o da delinquenti comuni. Qualche anno fa avevo elaborato un progetto per un documentario dal titolo Cristiani in Iraq. Il documentario non si riuscì a organizzare e adesso desidero pubblicare parte del materiale che avevo scritto a suo tempo e che, purtroppo, è ancora attuale.
La storia dei cristiani iracheni risale alla predicazione dell’apostolo Tommaso, ritenuto il fondatore del cristianesimo in Iraq. Le comunità cristiane più numerose si trovano a Baghdad, nelle città nel nord del Paese (Kirkuk, Irbil e Mosul), nonché nell’antica Ninive.
I cristiani in Iraq sono il 3% della popolazione e appartengono a diversi riti: assiro nestoriano, siro-cattolico e i siro-ortodosso. Di numero più ridotto sono gli armeni ortodossi. I cristiani hanno sempre avuto buone relazioni con la maggioranza musulmana nel Paese e in passato non si erano mai verificati episodi di violenza, discriminazione o intolleranza a livello sociale.
Durante l’ultimo conflitto in Iraq molti cristiani iracheni si sono rifugiati all’estero attendendo gli sviluppi della situazione con la speranza di rientrare in patria. Dopo la caduta del regime baathista, sono iniziate le violenze ai danni della comunità cristiana: donne assassinate per strada, uomini rapiti nelle loro case, parroci che continuano a ricevere minacce e intimidazioni telefoniche.
All’inizio si pensava che la tragica situazione del paese portasse ogni iracheno a desiderare un posto più sicuro e il patriarca caldeo Emmanuel III Delly assicurava che non si poteva parlare di una diaspora per la comunità cristiana locale. Molti cristiani sceglievano di andare al nord del paese nei loro villaggi d’origine, dove alcuni avevano ancora una casa o dei parenti. Partivano da Baghdad o da Bassora e si trattenevano per due settimane o un mese, aspettando che nelle loro città scendesse la tensione per poi ritornare e riprendere a lavorare. Altri cercavano riparo in Giordania, Turchia, Libano, oppure raggiungevano i parenti negli Usa e in Europa, ma senza chiedere asilo politico, cosa che avrebbe implicato l’impossibilità di tornare al paese di origine.
La situazione è andata sempre più peggiorando e nel 2007 si è avuta un’escalation di minacce, rapimenti, intimidazioni e assassini. Una delle città più colpite è Mosul, roccaforte sunnita, dove le famiglie cristiane rimaste subiscono minacce fisiche, sequestri di persona a scopo di lucro, nonché intimidazioni telefoniche in cui si chiede loro di pagare un contributo alla resistenza (sunnita), pena la vita. La comunità ogni volta è costretta a raccogliere somme ingenti che vanno a pesare su una situazione economica già ai limiti; per di più, senza avere la certezza di rivedere in vita i propri cari.
Nel mirino ci sono anche le chiese dove i parroci locali vivono sotto continua minaccia. A questo si aggiungono le difficoltà materiali: insicurezza nelle strade, mancanza di elettricità e di carburante, il freddo.
A causa di questa situazione il Patriarcato caldeo ha trasferito in Kurdistan il Babel College e il Seminario maggiore di San Pietro.
Nella provincia di Niniveh si teme che il prossimo bersaglio potrebbero essere proprio i villaggi cristiani della Piana, dove è del tutto assente la presenza ed il controllo delle forze statunitensi ed irachene.
Tra la crescente insicurezza e precarietà la decimata comunità cristiana continua a pregare per la pace, spesso in luoghi sotterranei e nascosti come i primi cristiani. Lo hanno fatto anche in occasione della Solennità dell’Assunta nella chiesa di Kirkuk gremita di fedeli caldei, dove l’arcivescovo mons. Louis Sako, ha celebrato la messa in occasione della festa, molto importante per la Chiesa caldea.
Seppure in dimensioni diverse, il dramma dei cristiani iracheni è lo stesso vissuto dai sunniti e dai curdi, come pure della maggioranza sciita. Le violenze settarie non cessano, come gli attentati alle moschee.

mercoledì 27 ottobre 2010

Fideuà

Sono appena tornato da Barcellona dove ho mangiato la Fideuà. Si tratta di un piatto classico della cucina catalana che può essere considerato una variante regionale della paella valenziana. La differenza fondamentale è che al posto del riso si usano i fideos, una pasta tipo capelli d'angelo corti. Si utilizza la stessa padella a due manici usata per la paella.
ingredienti:
fideos (capelli d'angelo corti) g 250; gamberi 12 o 15; rana pescatrice un trancio; seppia 1; vongole e cozze g 100; fumetto di pesce1/2 litro; pomodoro 1; spicchio d`aglio 1 o 2; olio extravergine; curcuma (o zafferano); prezzemolo e pimentón (paprika spagnola).
dosi: per una paellera di 30 cm di diametro
esecuzione:
Preparare un fumetto di pesce e pelare i gamberi lasciandone alcuni intatti per la decorazione. Tagliare a pezzi la seppia e la coda di rospo. Far aprire cozze e vongole in una padella a fuoco vivace, poi filtrare l'acqua e aggiungerla al fumetto.
Nella paellera far soffriggere i gamberi con 3 cucchiai di olio. Quando saranno cotti toglierli dalla padella e metterli da parte. Nella paellera far cuocere la coda di rospo e la seppia tagliata a pezzi insieme all'aglio. Spolverare con mezzo cucchiaino di pimentón e mescolare con cura con un cucchiaio di legno per evitare che bruci. Aggiungere il pomodoro tritato e, dopo qualche minuto, incorporare il fumetto di pesce. Dopo un paio di minuti unite la pasta, la curcuma (o zafferano) e i gamberetti. Proseguire la cottura a fuoco moderato fino a completo assorbimento del liquido. Alla fine aggiungere il prezzemolo tritato, i molluschi (parte interi e parte sgusciati) e decorare con i gamberi interi.
Mettere per qualche minuto la paellera in forno, al grill, per far raddrizzare i fideos.
Ovviamente si può variare la ricetta utilizzando altri pesci, crostacei e molluschi a piacere. Talvolta si prepara aggiungendo un peperone tra gli ingredienti.

mercoledì 20 ottobre 2010

lo Sturm

In Austria l'autunno porta lo Sturm. Non si tratta di una tempesta che evoca famosi movimenti letterari come lo Sturm und drag, ma di un particolare vino che si può bere negli Heurigen e nelle Buschenschank, le tipiche osterie austriache segnalate con una corona verde appesa sopra la porta (come le fraschette dei Castelli Romani). Questo vino novello semifermentato può essere messo in vendita solo fino al 31 dicembre dell'anno in cui è stato vendemmiato. Non si deve confondere con il mosto e neanche con il Most, che è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione delle mele e delle pere. Attenzione a non sottovalutarlo per il suo basso contenuto alcolico, ci si sbronza senza accorgersi.
Lo Sturm si può comprare direttamente alle cantine, negli Heurigen oppure nei mercati come il coloratissimo e multietnico Naschmarkt di Vienna (vedi foto).
Si abbina con tutti i piatti della cucina austriaca, sopratutto con quelli a base di carne. Ovviamente è anche piacevolissimo fuori pasto, nonché per aperitivo.

domenica 12 settembre 2010

Valdigne - 4° giorno

L'ultimo giorno in Valdigne lo abbiamo dedicato ad una escursione a piedi. Abbiamo scelto di risalire la Val Veny in macchina fino a dove è consentito (Plan de Lognan) e di proseguire a piedi sino al rifugio Elisabetta attraversando il Vallon de la Lex Blanche. L'itinerario è molto battuto e non presenta difficoltà dato che segue la strada che porta al rifugio, chiusa alle auto, percorribile facilmente anche in mountain-bike. Dopo una prima parte più ripida si arriva al Lac de Combal a 1953 m. Purtroppo non ci siamo accorti che con una piccola deviazione potevamo andare al vicinissimo Lac du Miage ai piedi del ghiacciaio omonimo. Abbiamo proseguito in quota per il Vallon de la Lex Blanche, che solo nel tratto finale si inerpica per raggiungere i 2195 m. Dopo i dismessi fabbricati militari delle Seigne e con le previste due ore di cammino giungiamo al rifugio, costruito nel 1953 e dedicato all'escursionista Elisabetta Soldini Montanaro. Per noi che eravamo fuori esercizio può bastare così, anche perché inizia a piovere. Dal vallone e dal rifugio si può ammirare il ghiacciaio de la Lex Blanche. Al ritorno scegliamo una piccola variante per avvistare qualche marmotta che sentivamo fischiare. Poi ritorno alla macchina e all'albergo giusto in tempo prima del temporale. Ora le condizioni climatiche sono definitivamente cambiate, ma noi siamo contenti perché la nostra breve vacanza è finita.La sera siamo andati a cenare alla Baita Hermitage (si consiglia la prenotazione) che si trova in località omonima dove si può ammirare una splendida vista sui ghiacciai del Monte Bianco. La baita offre una una cugina regionale da preferire ai ristoranti di Courmayeur decisamente più turistici.

Valdigne - 3° giorno

Ancora sole, ma per il pomeriggio le previsioni dicono che ci possono essere dei temporali. La mattinata l'abbiamo dedicata a girovagare in automobile, risparmiando le forze per la discesa in rafting che abbiamo prenotato per dopo pranzo. A Dolonne c'era il mercato che non abbiamo mancato di visitare. Per il pranzo al sacco ho comprato fontina, blue d'Aoste e boudin.
I boudin sono un insaccato classico della tradizione valdostana e vengono preparati secondo antiche ricette tramandate da generazioni. Sono prodotti con patate bollite, cubetti di lardo, barbabietole rosse, spezie, aromi naturali, vino e sangue bovino o suino. L’impasto viene insaccato in sottili budelli naturali prima legati a mano, poi appesi ad essiccare per un paio di settimane. Ottimo come antipasto freddo, può essere servito bollito abbinato alle patate oppure cotto al forno.
Il pomeriggio abbiamo finalmente avuto il nostro battesimo di rafting sulle acque impetuose della Dora Baltea. Mia moglie era molto spaventata all'idea, ma era una cosa che volevo fare da tempo. Anni addietro avevo praticato la discesa fluviale sopratutto con il Canoa Club Ferrara nei due anni che avevo vissuto nella città emiliana. L'emozione che ho provato discendendo in kayak le rapide di un torrente è indescrivibile e indelebile. Tutt'altra cosa questa discesa in rafting decisamente più "turistica", ma per la nostra "prima volta" avevamo ovviamente scelto la discesa più facile. Rispetto al kayak la differenza sostanziale è che non decidi tu casa fare e dove andare, ma il timoniere. L'unico "neo" della nostra breve vacanza è stato quello di non aver avuto le agevolazioni promesse (uno sconto oppure un prolungamento della discesa) in quanto clienti del nostro albergo.
Durante la discesa si è abbattuto il temporale estivo previsto. Non potevamo sperare di meglio in quanto ci trovavamo già bagnati e nel trasferimento in pulmino tra un tratto e l'altro del fiume. Altra cosa sarebbe stata farsi sorprendere dal temporale in alta montagna.
Dopo la discesa, tornato il sole, ci siamo messi a girare per i vigneti dove si produce il Blanc de Morgeux et de La Salle. Abbiamo scelto un'azienda a caso e ci siamo imbattuti in quella di Ermes Pavese dove il proprietario ci ha accolto con simpatia facendoci assaggiare i vini di sua produzione. Si tratta di una azienda giovane, fondata nel 1999, che sperimenta nuove strade affiancando alla produzione del Blanc de Morgex et de La Salle due nuovi vini: il Nathan - affinato in barrique di rovere - e il Ninive - prodotto da uva appassita in vigna e vendemmiata dopo le prime gelate .
La zona di produzione si trova nei comuni di Morgex e La Salle, sulla sinistra orografica della Dora Baltea. I vigneti sono posti su terrazzamenti che variano tra i 900 e i 1200 m. di altitudine, tra i più alti d’Europa.Il Blanc de Morgex et de La Salle è prodotto utilizzando esclusivamente il vitigno Priè - biotipo Blanc de Morgex, di cui non si conosce con esattezza l’origine. Pavese ci ha detto che l'altitudine alle quali si coltiva la vite a Morgex le ha salvate dalla filossera ed ancora oggi si possono ottenere barbatelle dalle viti stesse.
Alla sera, nel terrazzo della nostra camera in albergo, cena con i formaggi avanzati dal pranzo e un vassoio di salumi locali tra i quali il Lard d'Arnad e la Motsetta (o Motzetta). Alla fine non poteva mancare un bicchierino di Genepì (o Genepy).

venerdì 10 settembre 2010

Valdigne - 2° giorno

Un’altra giornata calda e assolata che abbiamo dedicato alle terme di Pré-Saint-Didier, meta principale del nostro viaggio. L’interesse per le stazioni termali ci è venuto quando siamo andati in Austria alle terme di Gastein. Fino ad allora immaginavo le terme come un luogo noioso per persone di una certa età. Invece in Austria abbiamo trovato terme che abbinano il relax al divertimento e che sono frequentate da persone di ogni età. A Pré-Saint-Didier le terme sono dedicate prevalentemente al relax e alla cura del corpo. Si trovano in una posizione dalla quale si può ammirare uno splendido panorama sul massiccio del Monte Bianco. Le vasche e le piscine, sia interne che esterne, sono alimentate dalla tiepida acqua termale proveniente da sorgenti che si trovano a monte della confluenza del Torrent Verney. Vicino alle terme un sentiero conduce all’Orrido di Pré-Saint-Didier che, purtroppo, abbiamo trovato chiuso. Nel prezzo sono compresi accappatoio, telo, ciabatte, prodotti di cortesia, nonché l’accesso al buffet; tutte cose che in Austria si pagavano. Sono anche inclusi una serie di eventi (a numero chiuso) con il Maestro di Benessere. Noi abbiamo fatto una sauna durante la quale il Maestro di Benessere bruciava essenze profumate per poi diffondere sventolando energicamente un asciugamano. Il secondo evento che abbiamo fatto insieme si trattava di un baqno di vapore durante il quale ti massaggiavi con un sacchettino al latte. In questo evento ero l’unico uomo (a parte il Maestro di Benessere) ed era una strana sensazione trovarsi circondato da donne seminude che intravedevi tra i fumi di vapore muoversi con movenze lente e sensuali. Verso la fine dovevi scegliere un partner per scambiarti massaggi con il sacchettino al latte, cosa non priva di un pizzico di erotismo (e che, ovviamente, ho fatto con mia moglie).

Valdigne - 1° giorno

Questa estate ho passato 5 giorni in Valdigne, l'alta Valle d'Aosta ai piedi del Monte Bianco.
Insieme a mia moglie ho soggiornato all’ Hotel Meublé Emile Rey che si trova a La Saxe, una località vicino a Courmayeur. Il grazioso albergo in origine era la casa natale di Emile Rey, la più famosa guida alpina locale. Si tratta di un due stelle con poche pretese, ma ben organizzato dalla francese Valérie aiutata dalla marocchina Asia e dalla rumena Alina.
La mattina, sfruttando la bella e assolata giornata, abbiamo percorso in macchina i pochi chilometri che ci separavano da La Palud per prendere le funivie che collegano il fondovalle con la Punta Helbronner. Giunti alla Punta ci siamo goduti il panorama dalla terrazza attraversata dal confine italo-francese. Bella vista sul gruppo del Monte Bianco da una parte e del Dente del Gigante dall’altra. Verso est si poteva vedere in lontananza il Cervino e il Monte Rosa. Dalla terrazza siamo scesi sul ghiacciaio del Gigante in un’area attrezzata recintata, ma che aveva una uscita per chi voleva passeggiare o fare escursioni sui ghiacciai.
Poi abbiamo preso la telecabina Panoramic che collega la Punta Helbronner con l’Aiguille du Midi. In trenta minuti abbiamo percorso i cinque chilometri che ci dividevano dall’Aiguille du Midi (3.842 metri) sospesi sul meraviglioso mare di ghiaccio.
Nel 1990 ero già stato con mia moglie sull’Aigulle du Midi provenendo da Chamonix. Anche allora era una bella giornata, ma con la presenza di un’unica nuvola che avvolgeva la guglia. Una volta scesi dalla teleferica ci siamo trovati avvolti dalla nuvola e impossibilitati a vedere alcunché.
Questa volta c’era una luce stupenda e si vedeva tutto.
Siamo stati in tutte le terrazze che erano piene di turisti (molti giapponesi) e di alpinisti che raggiungevano la terrazza scalando le rocce all’esterno. Dopo pranzo siamo tornati indietro fermandoci a vedere la mostra di cristalli alla Punta Helbronner e il giardino botanico alpino Sassurrea al Pavillon du Mont Fréty prima di tornare alla nostra base.

giovedì 15 luglio 2010

Tuli Kupferberg è morto

Tuli Kupferberg è scomparso all'età di 86 anni. Era da tempo malato di cuore e lo scorso anno due infarti avevano sensibilmente peggiorato le sue condizioni di salute.
Tuli Kupferberg era un poeta beat amico di Allen Ginsberg che lo aveva citato nella sua famosa poesia Howl (Ľurlo).
Ho visto hipster investiti dai taxi ubriachi della Realtà Assoluta che si buttavano dal ponte (...)
Il ponte era quello di Manhattan (non di Brooklyn come indicato erroneamente nella poesia di Ginsberg) e Tuli Kupferberg era colui che si buttava, cosa che fece realmente nel 1945 in un momento di sconforto.
Insieme a Ed Sanders formò i Fugs nel 1964. Si trattava di una delle prime band musicali che univano alla musica rock testi impegnati e fortemente critici nei confronti dell'establishment.
Nel 1967 cantava insieme ai Fugs:
Kill, kill, kill for peace
Kill, kill, kill for peace
Near or middle or very far East
Far or near or very middle East.
“Ammazza, ammazza, ammazza per la pace: nel vicino o medio o molto estremo oriente, nell’estremo, vicino, o molto medio Oriente…” E continuava, scandendo sui cliché degli slogan politici e pubblicitari: “Se non li ammazzi tu li ammazzeranno los cubanos […] se non li ammazzi potrebbero sovvertire la Prussia, se non li ammazzi potrebbero amare la Russia […] ammazza, ammazza, sarà bellissimo, me l’ha promesso il mio capitano…” Kupferberg continuò ad aggiornare la canzone con nuove strofe, fino almeno alla fine degli anni ’80.
Purtroppo il suo “Kill for peace” ha continuato nel tempo a trovare nitide risonanze come nei recenti “bombardamenti umanitari” di fine millennio.

Un centinaio di modi per vivere senza lavorare

Un centinaio di modi per vivere senza lavorare
di Tuli Kupferberg (New York, 1967)

Muori
Qualcun altro muoia
Trova un milione di dollari nella tazza di un cesso
Sei l’unico che osa pescarlo fuori
Mendica e smetti dopo 1 $ al giorno
Ruba
Entra negli affari
Sposa un ricco omosessuale
Sposa un ricco asessuale
Sposa soldi
Divorzia da qualcuno
Fà del cinema
Dormi al cinema
Ruba pane ai piccioni
Ruba piccioni
Vestiti come un piccione e poi fatti anche
Nutrire
(...)
estratto dalla riduzione italiana firmata Fernanda Pivano

mercoledì 23 giugno 2010

Stop a Greenwich Village

Stop a Greenwich Village era uno dei film che mi ero perso a suo tempo e che, finalmente, sono riuscito a vedere in televisione. Si tratta di un film di Paul Mazursky del 1976 che racconta la storia di un giovane, figlio di ebrei polacchi, che vuole fare l'attore. Per questo motivo lascia i genitori, sopratutto l'opprimente madre interpetata da Shelley Winters, per trasferirsi da Brooklin al Greenwich Village, il quartiere newyorkese frequentato dagli artisti. Qui entra in contatto con una varietà di personaggi e trova lavoro come commesso. Insieme alla sua ragazza forma un gruppo di amici con le quali condivide la vita a Greenwich Village.
Il film è ambientato nel 1953, come testimonia anche la presenza della musica jazz e i riferimenti al caso dei coniugi Rosemberg .
Il cast è formato da un notevole gruppo di giovani attori, molti dei quali troveranno il successo negli anni successivi come Christopher Walken (Il cacciatore) e Jeff Goldblum (Il grande freddo). Chi non raggiungerà il successo è il bravissimo protagonista Lenny Baker, del quale ho avuto difficoltà a trovare sue notizie. Tre anni dopo l'uscita del film deve abbandonare la carriera per un cancro che lo porterà alla morte il 12 aprile 1982.
Titolo originale: Next Stop, Geenwich Village
Paese: USA
Anno: 1976
Durata: 112 min
Regia e Sceneggiatura: Paul Mazursky
Casa di produzione: Twentieth Century Fox
Interpreti: Lenny Baker, Ellen Greene, Shelley Winters, Lois Smith, Christopher Walken

martedì 15 giugno 2010

Underwear

I didn’t get much sleep last night
thinking about underwear
Have you ever stopped to consider
underwear in the abstract
When you really dig into it
some shocking problems are raised
Underwear is something we all have to deal with
Everyone wears
some kind of underwear
Even Indians wear underwear
Even Cubans
wear underwear
The Pope wears underwear I hope
The Governor of Louisiana wears underwear
I saw him on TV
He must have had tight underwear
He squirmed a lot
Underwear can really get you in a bind
You have seen the underwear ads for men and women
so alike but so different
Women’s underwear holds things up
Men’s underwear holds things down
Underwear is one thing
men and women do have in common
Underwear is all we have between us
You have seen the three-color pictures
with crotches encircled
to show the areas of extra strength
with three-way stretch
promising full freedom of action
Don’t be deceived
It’s all based on the two-party system
which doesn’t allow much freedom of choice
the way things are set up
America in its Underwear
struggles thru the night
Underwear controls everything in the end
Take foundation garments for instance
They are really fascist forms
of underground government
making people believe
something but the truth
telling you what you can of can’t do
Did you ever try to get around a girdle
Perhaps Non-Violent Action
is the only answer
Did Gandhi wear a girdle?
Did Lady Macbeth wear a girdle?
Was that why Macbeth murdered sleep?
And the spot she was always rubbing -
Was it really her underwear?
Modern anglosaxon ladies
must have huge guilt complexes
always washing and washing and washing
Out damned spot
Underwear with spots very suspicious
Underwear with bulges very shocking
Underwear on clothesline a great flag of freedom
Someone has escaped his Underwear
May be naked somewhere
Help!
But don’t worry
Everybody’s still hung up in it
There won’t be no real revolution
And poetry still the underwear of the soul
And underwear still covering
a multitude of faults
in the geological sense -
strange sedimentary stones, inscrutable cracks!
If I were you I’d keep aside
an oversize pair of winter underwear
Do not go naked into that good night
And in the meantime
keep calm and warm and dry
No use stirring ourselves up prematurely
‘over Nothing’
Move forward with dignity
hand in vest
Don’t get emotional
And death shall have no dominion
There’s plenty of time my darling
Are we not still young and easy?
Don’t shout.

Lawrence Ferlinghetti


Non ho dormito tanto la scorsa notte
pensando alla biancheria intima
Vi siete mai fermati a considerare
la biancheria intima in astratto
Se scavate fino in fondo
vengono fuori problemi scioccanti
L'intimo è qualcosa che dobbiamo affrontare tutti
Tutti indossano
qualche forma di intimo
Anche gli Indiani indossano intimo
Anche i Cubani
indossano intimo
Il Papa indossa intimo spero
Il Governatore della Louisiana indossa biancheria intima
L'ho visto in TV
Forse gli andava stretta
Si contorceva molto
L'intimo può davvero metterti nei guai
Avete visto le pubblicità di intimo da uomo e da donna
così simili ma tanto diverse
L'intimo femminile tiene le cose su
L'intimo maschile tiene le cose giù
L'intimo è una cosa
che uomini e donne hanno in comune
L'intimo è la sola cosa che c'è fra noi
Avete visto le figure a tre colori
Con le giunture del cavallo evidenziate
per mostrare le zone di maggior resistenza
a tripla elasticità
che promettono piena libertà d'azione
Non fatevi ingannare
È tutto basato sul sistema bipolare
che non permette molta libertà di scelta
nel modo in cui sono regolate le cose
Nel suo intimo l'America
combatte tutta la notte
L'intimo alla fine controlla tutto
Prendete i busti da donna per esempio
In realtà sono delle forme fasciste
di governo occulto
per convincere la gente
di qualche non-verità
dicendovi cosa si può del non-si-può
Avete mai provato ad affrontare una guepière
Forse un'azione Non-Violenta
è la sola risposta
Gandhi indossava una guepière?
Lady Macbeth indossava una guepière?
È per questo che Macbeth ha assassinato il sonno?
E il punto che lei strofinava sempre
Era davvero il suo intimo?
Le signore anglosassoni moderne
devono avere enormi complessi di colpa
sempre a lavare e lavare e lavare
Via, maledetta macchia *
L'intimo con punti molto sospetti
L'intimo con gonfiori molto scioccanti
L'intimo sul filo per stendere... grande bandiera di libertà
Qualcuno è evaso dal proprio Intimo
Forse gira nudo da qualche parte
Aiuto!
Ma non preoccupatevi
Sono ancora tutti appesi lì
Non ci sarà una vera rivoluzione
E la poesia è ancora l'intimo dell'anima
E l'intimo ancora copre
una moltitudine di errori
in senso geologico -
pietre sedimentarie sconosciute, crepe imperscrutabili!
Se fossi in te mi metterei da parte
un paio di enormi mutande invernali
Non andarci nudo in quella buona notte
E nel frattempo
mantieniti calmo e al caldo e all'asciutto
Inutile agitarci prima del tempo
'per un Nonnulla'
Procedi con dignità
mano nel panciotto
Non diventare emotivo
E la morte non potrà dominare
C'è tanto tempo caro mio
Non siamo ancora giovani e disponibili?
E non urlare.

Traduzione di Alberto Masala
* Lady Macbeth - da Macbeth, atto quinto, scena prima.

martedì 8 giugno 2010

Peter Cushing

Peter Cushing è uno degli attori più rappresentativi del cinema horrror degli anni '60, in particolare dei film prodotti dalla casa cinematografica britannica Hammer Films.
Debutta in teatro nel 1935 a Londra e nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti, lavorando prima a Broadway poi a Hollywood. Recita piccole parti in numerosi film, tra cui un'apparizione a fianco di Laurel e Hardy. Negli anni '40 torna a Londra per recitare in teatro accanto a Laurence Olivier. Interpreta anche piccoli ruoli cinematografici il più importante dei quali é la parte di Osric nell’Amleto di Olivier. Dal 1950 diventa una star della televisione inglese prendendo parte ad una serie di sceneggiati di successo.
Nel 1957 interpreta il barone Frankenstein in La maschera di Frankenstein di Terence Fisher. Il film ottiene successo e segna l'inizio del sodalizio tra il regista Fisher e la casa di produzione Hammer Films che darà vita a una lunga serie i film horror di quel periodo.
E’ solo il primo di una lunga serie di film prodotti dalla casa inglese che consolidano una delle coppie di attori più affiatata del cinema horror: Peter Cushing e Christopher Lee (Dracula; La vendetta di Frankenstein; La mummia; La furia di Baskerville e Le mogli di Dracula) .
Nel 1977, dopo il fallimento della Hammer, interpreta il crudele Tarkin in Guerre Stellari di George Lukas.
La morte della sua adorata moglie Helen Beck avvenuta nel 1971 dopo una lunga malattia, cambia radicalmente la vita dell'attore che farà una vita ritirata. Peter Cushing amava collezionare e costruire soldatini, scenografie teatrali, dipingeva ed era un appassionato di ornitologia. La sua grande professionalità, il suo eccezionale spirito d’improvvisazione e la scelta accurata dei copioni da interpretare fanno di Peter Cushing uno dei più talentuosi attori del cinema inglese. Fu molto amato dal pubblico, ma non ha mai ricevuto candidature o premi di rilievo. Nel 1982 si è ammalato di cancro e prima di morire nell'agosto del 1994 darà il nome della moglie ad una varietà di rosa inglese.

mercoledì 26 maggio 2010

Tabulé

Avevo mangiato il tabulè in Provenza e si trattava di un piatto fresco a base di couscous, pomodori e verdure. Ho capito che si trattava di una variante dell'originale solo quando sono andato in Libano, dove il tabulè è un piatto nazionale. Per noi italiani questa pietanza può risultare alquanto strana dato che si tratta sostanzialmente di una insalata di prezzemolo con burghul e pomodori. Noi siamo abituati a usare il prezzemolo in piccole quantità per aromatizzare i piatti, non andiamo al mercato a comprare un chilo di prezzemolo come fanno i libanesi (un frate maronita mi ha raccontato che quando soggiornava a Roma si recava al mercato del Trionfale e chiedeva un chilo di prezzemolo tra lo stupore generale).
Il tabulè (o tabuleh, tabbouleh, etc.) fa parte degli antipasti tipici della cucina araba chiamati mezze (o mesa, mezzas, etc.) e serviti in una serie di piattini e ciotoline (a Londra ho visto anche una catena tipo fast-food con piatti e ciotoline che scorrono sopra un nastro in movimento). Ogni commensale intinge un pezzo di pane arabo (completamente diverso da quello che si trova in Italia) nelle varie mezze: ful muddamas, hummos bittahine, baba ghannug, etc.
Ingredienti:
250 gr prezzemolo a foglie piccole
120 gr grano spezzato (burghul)
50 gr menta fresca (facoltativo)
3 pomodori medi maturi sodi
2 cipollotti freschi
2 limoni
olio d'oliva extra-vergine
sumac (spezia medio-orientale - facoltativo)
alcune foglie insalata lattuga
sale
Il tabulè si prepara con il burghul, una semola dura che si presenta in granelli più grandi di quelli del couscous. Il burghul si trova precotto e per prepararlo seguite le istruzioni della confezione (in genere si tratta di farlo "rinvenire" con acqua calda e sale). Lavate bene le erbe, scolatele, e tagliatele a mano con un coltello affilato (non con il mixer). Spremete i due limoni e versate il succo sul burghul che avrete preparato in un recipiente capiente. Conditelo con l'olio extravergine di oliva e lasciatelo riposare in modo che assorba il condimento e risulti tenero. Tagliate i cipollotti a rondelle fini e mescolateli al burghul con sale ed il sumac in polvere (se non lo avete potete usare semi di cumino pestati). Prima di servire aggiungere al burghul le erbe tritate e i pomodori maturi tagliati a dadini, privati dei semi. Unite i cipollotti e terminate di condire mescolando bene. Il gusto asprigno del limone deve essere netto e spiccare. Servite l'insalata su un ampio piatto di portata guarnendo con le foglie della lattuga romana (in Libano usano le foglie di vite).

venerdì 7 maggio 2010

Lenny Bruce

Leonard Alfred Schneider, più noto come Lenny Bruce, era nato a New York il 13 ottobre 1925. Per tutta la vita ha tenacemente lottato per il diritto alla libertà di parola, opponendosi all'America puritana degli anni '50 e diventando uno dei miti della controcultura degli anni '60 e '70 . Lenny Bruce si può considerare un artista rock ante litteram.
La sua carriera di comico inizia nel 1947 in un locale di Brooklyn facendo l'imitatore. Divenne famoso per i suoi monologhi sul sesso, razzismo e politica che furono anche pubblicati su una serie di dischi di successo. Spesso si rivolgeva al pubblico usando parole considerate oscene e per questo fu arrestato più volte sul palco per oltraggio al pudore, nonché bandito da numerose città americane. Dai primi anni '60 la sua carriera fu tempestata di processi e, contemporaneamente, aumentarono i suoi problemi con la droga. Il 3 agosto 1966 muore di overdose il nella sua casa a Hollywood Hills in piena solitudine, ossessionato dalle udienze in tribunale e in preda di manie di persecuzione . Dopo la scomparsa gli saranno cancellate le condanne per oltraggio al pudore.
Lenny Bruce ha avuto un rapporto molto stretto con la musica jazz e, alla fine, con quella rock. Collaborò con Frank Zappa e i Mothers nel 1966 ed è stato citato da musicisti quali: Simon & Garfunkel, Genesis e R.E.M.
La sua faccia compare nella copertina dell'album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles (La quarta in alto da sinistra).
Bob Dylan ha scritto la canzone Lenny Bruce « Ha combattuto una guerra su un campo di battaglia dove ogni vittoria fa male. Lenny Bruce era cattivo, era il fratello che non hai mai avuto ».
Tim Hardin ha scritto una canzone a lui dedicata: Lenny's Tune, interpretata anche da Nico nel suo primo album Eulogy to Lenny Bruce.
Anche il cinema si è interessato a Lenny Bruce. Nel 1974 Bob Fosse firma la regia di "Lenny", interpretato da Dustin Hoffman. Robert B. Weide scrive e dirige il documentario "Lenny Bruce: Swear to tell the truth" nel 1998.
"Come parlare sporco e influenzare la gente" è la sua autobiografia che Lenny scrisse su richiesta di Hugh Hefner e inizialmente pubblicata a puntate sulla rivista "Playboy". Nel 2001 è stata riproposta in Italia con la presentazione di Daniele Luttazzi che, insieme a Paolo Rossi (definito il Lenny Bruce dei Navigli), è uno dei comici italiani che a lui si ispira.

domenica 25 aprile 2010

solidarietà per Alfredo Gasponi

Documento di solidarietà al critico Alfredo Gasponi del Consiglio Accademico del Conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone
Il Consiglio Accademico del Conservatorio "Licinio Refice" di Frosinone, in merito al recente pronunciamento di un tribunale competente, interpretando anche l'intenzione manifestata da numerosi docenti del nostro istituto, esprime la piena solidarietà nei confronti del prof. Alfredo Gasponi che per oltre venti anni è stato un apprezzato docente di storia della musica presso il nostro conservatorio. In tale funzione il prof. Gasponi ha sempre rilevato competenza ed equilibrio, qualità per le quali si è segnalato come critico musicale esternando da sempre, fra l'altro, nelle pagine de "Il Messagero" la sua più che lusinghiera considerazione della professionalità dell'orchestra di Santa Cecilia. Il Consiglio Accademico del Conservatorio di Frosinone si associa al documento del Collegio dei professori del Conservatorio "Santa Cecilia" di Roma, ribadendo l'esigenza di una piena affermazione del diritto alla libertà di stampa e di pensiero e autorizzando la massima diffusione del presente documento.
Foto dell'articolo del 9 marzo 1996 de "Il Messaggero" per il quale il critico Alfredo Gasponi è stato condannato in appello a risarcire l’Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia con una cifra di 486.000 euro per avere redatto un'intervista al direttore Wolfgang Sawallisch richiamata in prima pagina col titolo “A Santa Cecilia non sanno suonare”.

mercoledì 14 aprile 2010

Monti Bükk e Alti Tatra

Recentemente mi sono rivisto con Flavio e Rosalba con i quali avevo perso i contatti per un po' di tempo. Nel rievocare gli anni passati ho constatato che Flavio non ricordava il nostro viaggio negli Alti Tatra. Tornato a casa mi sono quindi messo alla ricerca delle diapositive che avevo fatto all'epoca ed ho ricostruito quel viaggio dell'estate del 1984.
Durante quella estate Rosalba era andata a Budapest per fare un corso di formazione sul metodo Kodaly. L'innamoratissimo Flavio volle raggiungerla e mi chiese di accompagnarlo. Partimmo con il mio mitico "Fiorino", attrezzato con due brandine per la notte. Arrivati a Budapest decidemmo per il fine settimana di fare una gita con Rosalba e una sua compagna di corso ai Monti Bükk. I monti Bükk (letteralmente in ungherese significa "faggio") si trovano nel nord-est dell'Ungheria e fanno parte dei Rilievi precarpatici settentrionali che costituiscono il margine più meridionale dei Carpazi Occidentali Interni, con più di 20 picchi più alti di 900 metri. La maggior parte del territorio dei monti Bükk fa parte del Parco Nazionale di Bükk.

Per nostra gioia e degli altri turisti c'era un trenino panoramico che partendo da Szilvàsvàrad consentiva di attraversare tutto il Parco e di visitare i luoghi di maggiore interesse. Abbiamo quindi potuto ammirare la valle del torrente Szalajka, lunga 5 km, dove il fiume scende formando una spettacolare cascata. Mi ricordo che prima di andarcene abbiamo visitato la città di Eger dove, una domenica pomeriggio con tanto di festa, per tutta la città si sentivano solo le nostre italiche voci. Tornati a Budapest abbiamo lasciato Rosalba al suo corso e ci siamo diretti verso la Slovacchia per proseguire il nostro viaggio alla volta degli Alti Tatra.

Il Vysoké Tatry (Alti Tatra) è una catena montuosa slovacca che possiede le stesse caratteristiche geologiche delle Alpi. Strette creste rocciose si innalzano su ampie valli glaciali con pareti a strapiombo, mentre i pendii più bassi sono coperti da una fitta foresta di conifere. La bellezza naturale di questa zona relativamente piccola (260 kmq) è esaltata dalla presenza di 30 valli, di circa 100 laghi glaciali e di numerosi torrenti. Una rete di sentieri per escursioni a piedi permette di raggiungere tutte le vallate e molti picchi. Nel parco sono presenti cervi, caprioli, cinghiali, orsi, camosci e marmotte, ma noi abbiamo solo visto scoiattoli che mangiavano caramelle dalle mani dei turisti. Dato che non avevamo caramelle, Flavio ne ha avvicinato uno fingendo di offrirgliene qualcuna ed è stato prontamente morso alla mano dallo scoiattolo risentito. Purtroppo abbiamo potuto fare solo una escursione, perché Flavio non era venuto attrezzato per il trekking (il suo pensiero era sempre rivolto alla sua bella Rosalba e non aveva pensato ai suoi piedi). Gli prestai un paio delle mie scarpe che erano di due numeri superiori alla sua misura, fu per lui una vera tortura! Ho quindi scelto di andare al laghetto Popradské pleso (m. 1494) dove, nei pressi, si trova il suggestivo cimitero simbolico che è formato da una caratteristica cappella e da decine di croci di legno di Detva. Il cimitero è dedicato a tutte le persone cadute sugli Alti Tatra.

domenica 10 gennaio 2010

foto 2009

big blu

lavatoio di Rio nell'Elba

Dalì a Londra

pellicano


riflessi

tramonto su Portoferraio