lunedì 8 ottobre 2012

Dillinger è morto

Recentemente ho rivisto uno dei miei film "adolescenziali" preferiti: Dillinger è morto. Si tratta di un film di Marco Ferreri del 1969, decisamente all'avanguardia per quei tempi, che risulta efficace a distanza di tanti anni. Un'opera destinata a rimanere nel tempo tra i capolavori del passato.
Il tema dell'alienazione viene trattato descrivendo una particolare nottata di Glauco, un designer industriale, dopo una giornata di lavoro durante la quale è stata testata una maschera antigas di sua progettazione. La MDP segue l'affermato professionista, interpretato magistralmente da Michel Piccoli, negli angusti ambienti della sua casa in un'anonima città moderna (si tratta di Roma, ma potrebbe essere qualsiasi altro posto). I dialoghi sono praticamente inesistenti, anche perché per quasi tutto il film Glauco è solo. Altri registi sarebbero ricorsi al solito espediente di far parlare il protagonista da solo per rendere la pellicola più "intelligibile", banalizzando tutta l'opera. Ferreri crea un vuoto sonoro che viene riempito solo da canzoni e brani musicali del tempo che, purtroppo, risultano essere decisamente eccessivi e sono probabilmente dovuti ad una scelta di produzione (un film fatto quasi esclusivamente di silenzi e "rumori" non avrebbe trovato mercato). Merita però di essere citata la canzone La luce accesa, scritta da Teo Usuelli e interpretata da un giovanissimo Lucio Dalla. Lo stesso brano è utilizzato nei titoli di testa in una versione corale. 
Per realizzare la sceneggiatura di Ferreri e Bazzini ci voleva un attore in grado di sostenere l'occhio costante della MDP e Piccoli ha avuto grande libertà dal regista per la sua interpretazione. Il risultato è una "non" recitazione che a poco a poco cattura lo spettatore rendendolo parte del film. Per questo motivo Michel Piccoli può essere considerato un coautore del film e non un semplice "esecutore".

Regia: Marco Ferreri
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Sergio Bazzini
Fotografia: Mario Vulpiani
Scenografia:Nicola Tambutto
Musica: Teo Usuelli
Montaggio: Mirella Mencio
(Italia, 1969)
Durata: 95'
Prodotto da: Pegaso Film

PERSONAGGI E INTERPRETI
Glauco: Michel Piccoli
La moglie: Anita Pallenberg
La cameriera: Annie Girardot

venerdì 21 settembre 2012

Amanita rubescens

L'Amanita rubescens è un fungo che ho raccolto e cucinato più volte, sopratutto insieme ad altre specie. Molto saporito è però poco apprezzato per la paura di confonderlo con altre amanite velenose, sopratutto con l'Amanita pantherina. In realtà è facile riconoscerlo per le caratteristiche venature rosso vinose, sopratutto alla base del gambo, per le quali è chiamato anche Amanita vinata o Tignosa vinata. Per maggiore prudenza sconsiglio gli esemplari molto giovani la cui carne non mostra chiaramente le venature rossastre.
Da ricordare che il fungo è velenoso da crudo, ma commestibile dopo una prolungata cottura.

Cappello: 8-15 cm, inizialmente emisferico, poi convesso, liscio, con orlo non striato, di colore bruno rossastro, anche rosa scuro, spesso con caratteristiche chiazze vinose. E' ricoperto da verruche fitte e rilevate di colore grigiastro, bruno chiaro o rossastre
Lamelle: Lamelle arrotondate, fitte e alte, con lamellule, bianche ma tendenti ad arrossare al tocco.

Gambo:  12-30 mm x 9-18 cm, robusto, cilindrico, attenuato all'apice, nettamente bulboso e con pochi residui di volva dissociata in residui fioccosi sul piede. Di colore bianco, striato sopra l'anello, sotto più scuro e con tendenza al rossastro. Sodo, fibroso e fragile. Anello ampio, a gonnellino, bianco e striato sopra, roseo sotto.
Carne: Compatta nel cappello, fragile nel gambo. Bianca, al taglio vira lentamente al rosa, rosso vinoso, soprattutto al piede. Sapore acidulo.
Habitat: In tutti i tipi di terreno e di bosco, dalla primavera all'autunno, specialmente dopo acquazzoni.



BOCCONCINI AL FORMAGGIO E AMANITA VINATA
di Luana Caldelli

Ingredienti: 500g. di Amanita rubescens, aglio, prezzemolo, 150g di emmenthal, 1 uovo, pane grattugiato, 100g di farina, 1/4 di latte, olio, noce moscata, sale e pepe
Procedimento: Pulire e trifolare i funghi con olio, aglio e prezzemolo tritato per almeno 40’ (utilizzare solo i cappelli). Stemperare la farina nel latte, salare, aggiungere la noce moscata e mettere su fiamma moderata mescolando energicamente. Mantenendo la pentola sul fuoco, incorporare il formaggio tagliato a fette e quando l'impasto è diventato omogeneo, amalgamare con cura anche i funghi.
Stendere l'impasto in uno strato alto circa 2cm su un foglio di carta-alluminio imburrato e appena sarà raffreddato, ritagliare dal composto dei quadrati o altra forma a piacere che verranno poi passati prima nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato.
Friggere in olio bollente e servire caldi

sabato 24 marzo 2012

Tonino Guerra

La vita della mia famiglia si è incontrata più volte con Tonino Guerra. Mio padre ci parlava spesso di lui e dei suoi racconti popolati da bizzarri personaggi della terra di Romagna. Si erano conosciuti in occasione della sceneggiatura del film Saul e David del 1963, del quale mio padre era regista. In seguito mia sorella Laura sceglierà di fare la sua tesi di laurea proprio su Tonino Guerra. Io andai a trovarlo nella valle del Marecchia per fargli leggere una mia sceneggiatura e per seguire un suo corso. Qualche anno dopo anche mio fratello Dario andrà da lui per fargli leggere un suo lavoro e, per ultimo, mio figlio Lorenzo lo incontrerà durante una gita scolastica.

Sono nato a Santarcangelo di Romagna nel 1920. Un'infanzia con le strade di terra battuta e le siepi con piccoli uccelli. Sono stato un grande cacciatore di lucertole e me ne vergogno... Tonino Guerra è stato un poeta, ma è conosciuto e ricordato sopratutto per la sua attività di sceneggiatore. Ha collaborato con vari registi, tra i quali Michelangelo Antonioni, Federico Fellini e Theo Anghelopulos. Con il primo ha formato un sodalizio iniziato con L'avventura (1960) e durato sino alla morte del grande regista ferrarese. Al primo lavoro i due faranno seguire La notte (19619, L'eclisse (1962) e Deserto rosso (1964) che formano quella che viene definita "la tetralogia esistenziale". Guerra mi aiuta da anni, precisamente da L'avventura. Lui è romagnolo, io sono emiliano. C'è un abisso tra di noi. Forse è per questo che andiamo d'accordo... Nel 1968 esce Blow-Up, indimenticabile affresco della Swinging London degli anni sessanta, mntre due anni dopo sarà la nuova società americana a essere descritta in Zabriskie Point.

La collaborazione con Fellini inizia con Amarcod (1973) dove la Romagna è presente sin dal titolo derivante dall'espressione locale "a m'arcord" che significa "io mi ricordo" (anche se Guerra racconta che il titolo nasce dall'amaro Cora, "comanda" dei ricchi entrando al bar). In questo film ho ritrovato molti di quei personaggi dei racconti di Guerra che mio padre mi ripeteva quando ero bambino.

La nascita del poeta Guerra avviene durante la seconda guerra mondiale quando venne deportato in Germania e internato in un campo di concentramento a Troisdorf. Mi ritrovai con alcuni romagnoli che ogni sera mi chiedevano di recitare qualcosa nel nostro dialetto. Allora scrissi per loro tutta una serie di poesie in romagnolo... Dopo la Liberazione, fece leggere i suoi componimenti a Carlo Bo che lo incoraggiò a pubblicarli. Nel 1946 esce la raccolta I scarabocc (Gli scarabocchi) e nel 1972 viene pubblicata I bu (I buoi).

Dopo aver vissuto a Roma, negli anni ottanta Guerra torna in Romagna scegliendo di vivere a Pennabilli. In questo territorio ha dato vita a numerose installazioni artistiche come: L'Orto dei frutti dimenticati, Il Rifugio delle Madonne abbandonate, La Strada delle meridiane, Il Santuario dei pensieri, L'Angelo coi baffi, Il Giardino pietrificato.




La farfalla

Contento, proprio contento

sono stato molte volte nella vita

ma più di tutte quando

mi hanno liberato in Germania

che mi sono messo a guardare una farfalla

senza la voglia di mangiarla

martedì 3 gennaio 2012

foto 2011

La Chiusa

Pomonte


Laghetto di Terranera

Alba marmorea


Il cimitero del bosco
Kastellholmen

Lemure